La nuova proposta Ue permette il greenwashing tramite rimozione della CO2
(Rinnovabili.it) – La nuova proposta Ue sulla rimozione della CO2 ha delle storture che causeranno “un danno ambientale significativo”, “rallenteranno l’azione climatica” e “permetteranno il greenwashing”. Anche se la bozza emendata dal Parlamento europeo migliora significativamente la prima versione presentata dalla Commissione in molti punti. Lo sottolinea l’ong Carbon Market Watch.
Perché è importante la rimozione della CO2?
Le nuove regole sui cosiddetti carbon removals sono un tassello importante della strategia climatica del blocco. Oltre alle misure di mitigazione “tradizionali”, l’Ue vuole puntare su una certa quota di rimozione della CO2 dall’atmosfera per abbattere l’impronta di carbonio di determinate attività. Ma per evitare il far west servono regole chiare e certe.
Il rischio è che queste rimozioni siano meno efficaci di quanto dichiarato, siano valide solo per periodi di tempo brevi (riportando così la CO2 in atmosfera dopo poco) o addirittura che non siano reali (se, ad esempio, il conteggio della CO2 rimossa è doppio).
Cosa prevede la proposta Ue sui carbon removals?
Lo scorso dicembre, la Commissione europea ha presentato la sua proposta di uno standard unico per i certificati della rimozione volontaria della CO2, il modello QuALity. Prevede dei paletti per rendere la rimozione misurabile e sostenibile (in parte criticati dalla società civile e dagli osservatori) e la lista di attività che possono accedere ai certificati.
Il recupero, lo stoccaggio e l’utilizzo di CO2 proveniente da fonti fossili (CCUS) resta fuori, mentre sono ammesse le tecnologie di cattura diretta dall’aria (DACCS) e quelle basate sulla cattura indiretta tramite biomassa (BECCS), il carbon farming, ovvero le pratiche che aumentano la capacità di assorbimento della CO2 di suoli e foreste o limitano le loro emissioni e anche lo stoccaggio di CO2 in prodotti, come materiali da costruzione a base di legno o carbonati.
Le critiche di Carbon Market Watch
Da un lato, la versione emendata dal Parlamento Ue corregge il tiro sul doppio conteggio, migliora il metodo di conteggio delle emissioni rimosse preferendo un approccio conservativo, e introduce altre migliorie che aumentano la trasparenza dei processi. Ma dall’altro lato, lascia spalancata la porta per rendere inutili, se non dannosi, i certificati di rimozione della CO2.
Il problema è l’inclusione del cemento tra i prodotti che possono stoccare la CO2. Perché un prodotto possa contribuire davvero a dei carbon removals sostenibili, per CMW, deve “efficacemente rimuovere il carbonio dall’atmosfera e immagazzinarlo per almeno qualche secolo”. Lo stoccaggio nel cemento o nel calcestruzzo non soddisfa questi criteri perché “il carbonio catturato proviene dal processo di produzione e viene stoccato solo finché il materiale rimane fisicamente intatto”, cioè 50-100 anni. E poi, il metodo di rimozione dev’essere valutato lungo il suo intero ciclo: è evidente che la produzione di cemento non permette alcun saldo emissivo positivo.