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Riforma ETS, audizioni alla Camera sul dlgs

Riforma ETS, audizioni alla Camera sul dlgs
Foto di Dirk Vermeylen da Pixabay

Orientare l’uso delle risorse derivanti dal nuovo ETS relativo al trasporto aereo per favorire il disinquinamento delle aree prossime agli aeroporti e spingere il trasporto intermodale su ferro. Trovare un modo per evitare che i costi del carbonio ricadano più volte sugli stessi soggetti, finendo per impattare sul consumatore finale, e impedendo che qualche furbetto ne approfitti per illeciti guadagni. Proseguono alla Camera le audizioni sullo schema di DLGS per l’attuazione della direttiva Ue 2023/958, recante modifica della direttiva 2003/87 per il contributo del trasporto aereo all’obiettivo di riduzione delle emissioni in tutti i settori dell’economia europea. Oggi alla commissione Trasporti di Montecitorio è stata la volta dell’Associazione nazionale comuni aeroportuali italiani (ANCAI), dell’Associazione operatori nel trasporto ferroviario merci (Fermerci) e della Federazione italiana autotrasportatori professionali (FIAP).

L’ANCAI riunisce i comuni che hanno sul proprio territorio aree aeroportuali o vi confinano, spiega Paolo Caporaletti, segretario generale dell’associazione, comuni per cui naturalmente “è importante la diminuzione dei gas a effetto serra e di tutti gli inquinanti, atmosferici o meno, come il rumore”. Risultano quindi “di grande interesse le misure a sostegno della decarbonizzazione degli aeroporti e l’utilizzo combustibili alternativi”, misure “che andrebbe incentivate in maniera ancor più significativa”, mentre “chiediamo di motivare con particolare attenzione anche discorso su polveri sottili, vista la pericolosità per la salute”, aggiunge Caporaletti.

Dunque, riguardo i proventi delle aste delle quote emissione, per i quali è previsto siano utilizzati dagli Stati Membri Ue per scopi legati a misure climatiche, “invitiamo a valutare la possibilità di trasferirne una parte ai comuni aeroportuali a titolo di compensazione, cercando di destinarli a progetti mirati alla tutela ambientale”. 

Assegnare una parte rilevante dei proventi delle aste pubbliche di carbon credit alla gestione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e utilizzare questi fondi per potenziare le principali misure di incentivazione per il trasporto merci, come il Ferrobonus e la Norma Merci, al fine di aumentare la quota di shift modale dalla gomma al ferro. Questa la posizione illustrata in audizione da Giuseppe Rizzi, direttore generale di Fermerci.

In Italia il settore del trasporto delle merci è – come noto – dominato dal trasporto su gomma con il 59%, seguito dalla navigazione marittima di cabotaggio al 25% e infine “dal trasporto ferroviario, che detiene una quota dell’11% del totale nazionale”, ricorda. In breve i prodotti petroliferi soddisfano le esigenze del 95% dei mezzi alimentati a diesel o olio combustibile. Confrontando la modalità ferroviaria con l’autotrasporto “è stato calcolato un risparmio di emissioni pari a 60 gCO2/tonnellata/km”, dice Rizzi. Dunque “riteniamo fondamentale, soprattutto in questo periodo di crisi del comparto, incrementare le misure di incentivazione al trasporto ferroviario delle merci per sostenere la competitività del settore e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’Unione Europea”, dice il DG Fermerci.

L’obiettivo dell’ETS era “chi più inquina più paga, questo lo scopo e finalità del provvedimento, con l’obiettivo di disincentivare operatori che inquinano di più e accompagnarli verso la transizione”, riassume il segretario generale FIAP Alessandro Peron, “nel nostro settore l’effetto è stato un aumento dei noli marittimi, impattando sul trasporto di persone e merci, e sul mondo dell’autotrasporto”. In questo contesto, “chi ha potuto ha riflesso l’aumento sul committente, altri hanno avuto un impatto sui bilanci. L’ETS ha finito per diventare un costo” che “alla fine sarà ribaltato sul consumatore finale, diventando un mero costo”.

Dunque, “serve una grande operazione di trasparenza, capire quanto vale l’ETS, chi lo sta realmente pagando e dove va a finire”, dice Peron, “riteniamo fondamentale che da subito si realizzi una disposizione dove l’ETS sia reso trasparente, messo in evidenza in fattura, scorporato come si fa con l’IVA, e indicato anche sul costo del consumatore finale. Così si evitano anche i furbetti, che approfittano dell’ETS per aumentare i prezzi senza aver subito ulteriori costi”

Un’opportunità consentita anche dai nuovi codici a barre che sta elaborando GS1, l’ente autorizzato al rilascio dei Codici a Barre GS1 (EAN), lo standard mondiale, così come risulta semplice inserire il costo del carbonio nelle fatture elettroniche. Poi, conclude Peron, “sarà il cliente o il consumatore finale del servizio a decidere se avvalersi della filiera più ecologica o meno ecologica, sapendo che nel caso di quella meno ecologica pagherà di più”.

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