Rinnovabili • riforma ESR Rinnovabili • riforma ESR

La riforma ESR secondo l’UE: via gli obiettivi nazionali sulle emissioni

Oggi l’Effort Sharing Regulation mette dei vincoli annuali per gli Stati. Bruxelles valuta di soppiantarlo con l’ETS e il LULUCF allargati

riforma ESR
Via depositphotos.com

Tre le opzioni di riforma ESR presentate dalla Commissione

(Rinnovabili.it) – Finora ha fissato degli obiettivi vincolanti per ogni paese sulla riduzione delle emissioni. Ma nella revisione dell’intera politica climatica UE per allinearla al Green Deal, Bruxelles sta pensando di limitare l’Effort Sharing Regulation, se non di farlo fuori del tutto. Così la prossima riforma ESR diventa uno dei temi più scottanti su cui misurare le ambizioni reali della Commissione.

L’esecutivo europeo ha presentato le opzioni che sta considerando per la riforma ESR. Sono tre strade molto diverse, con un solo punto in comune: vengono tolti o limitati fortemente i vincoli di taglio delle emissioni che obbligano i paesi a scendere ogni anno sotto una certa soglia prefissata in base al settore produttivo.

Leggi anche Legge sul clima UE, -55% di emissioni da raggiungere ‘collettivamente’

Le proposte variano, la sostanza resta la stessa. Una prevede la cancellazione tout court del regolamento ESR, che tratta le emissioni dei settori non coperti dall’ETS, cioè il mercato europeo delle quote di carbonio che non àncora il taglio delle emissioni ad alcun obiettivo annuale ed è rivolto all’industria e non agli Stati. L’allargamento dell’ETS ‘fagociterebbe’ l’ESR. Lasciando come unico arbitro dei tagli reali delle emissioni l’andamento di un mercato ‘difficile’ come quello delle quote, che da sempre fatica a prendere quota. Insieme a un altro regolamento, il LULUCF, che fissa i principi sull’uso del suolo e le sue modifiche e sulla silvicoltura. Anche questo aggiornato ed espanso.

Altra proposta di riforma ESR: il regolamento resta ma solo per i settori non-ETS. Che nel frattempo si espanderà. Risultato? Meno vincoli per gli Stati anche in questo caso. Ultima variante: resta l’ESR anche per quei settori che passeranno sotto l’ETS. E’ l’opzione più ‘audace’, senz’altro. Ma non si traduce in un vero aumento dell’ambizione climatica, come ci si potrebbe aspettare da una Commissione che fa del Green Deal e della retorica sul clima il suo perno. Perché i vincoli per gli Stati restano inalterati, cioè non si fa alcun passo in avanti.

Leggi anche Mercato del carbonio europeo, generati 14mld dalla vendita delle quote ETS

Contro tutte e 3 le ipotesi di riforma ESR si sono scagliate 7 ong, tra cui Wwf, Transport & Environment e Greenpeace. Attualmente, l’Effort Sharing Regulation copre settori come trasporto su strada, edilizia, agricoltura e rifiuti. “Far scomparire” gli obiettivi nazionali vincolanti è rischioso e “inaccettabile”, dichiarano le ong in una lettera al presidente della Commissione von der Leyen. Perché “ridurrebbe gli incentivi per misure nazionali efficaci, minerebbe il sostegno a politiche comprovate a livello dell’UE, ritarderebbe l’azione nei settori più difficili da trattare e rischierebbe di avere gravi impatti sui cittadini più poveri”.

Il punto più critico, secondo le ong, è chi dovrà farsi carico dei tagli reali delle emissioni con i sistemi ideati dalla Commissione. Cioè i cittadini, su cui le aziende scaricheranno gli oneri. Mentre gli Stati non sarebbero più chiamati in causa direttamente. In altri termini, il costo dell’innovazione tecnologica e della transizione ecologica sarebbe tutto sui cittadini, e senza alcuna mediazione o possibilità di introdurre correttivi da parte dei governi.

Secondo Sam Van den plas di Carbon Market Watch, anche’esso tra i firmatari della lettera, “supporre che il mercato del carbonio dell’UE da solo possa svolgere la parte del leone nell’azione per il clima dell’Europa è pericoloso. Portare settori come l’edilizia e il trasporto stradale sotto il mercato del carbonio rischierebbe di gravare sui cittadini invece che sulle aziende inquinanti e non ridurrebbe significativamente le emissioni”. Le ong ritengono invece che deresponsabilizzare gli Stati cancellando i vincoli annuali metta a rischio il raggiungimento dei nuovi obiettivi sulle emissioni in discussione in questi mesi.