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L’Italia verso l’infrazione UE per i rifiuti radioattivi

Il nostro Paese, insieme a Croazia, Estonia, Portogallo e Slovenia ha ricevuto un parere motivato, il passaggio precedente all’infrazione, dalla Commissione Europea, per la gestione dei rifiuti radioattivi.

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Perché stiamo andando verso la procedura di infrazione europea per i nostri rifiuti radioattivi?

(Rinnovabili.it) – L’Italia va verso la procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea per la gestione dei rifiuti radioattivi. La Commissione ha infatti inviato un parere motivato, secondo passo del percorso verso la sanzione, in cui si spiega che il nostro Paese si è dotato di un piano per la gestione dei rifiuti radioattivi non conforme alla direttiva europea che li norma. Oltre all’Italia la procedura di ammonizione ha raggiunto anche Croazia, Estonia, Portogallo e Slovenia.

Nel parere della Commissione Europea verso l’infrazione si esplicita che tutti gli Stati membri producono rifiuti radioattivi. Questo genere di rifiuti è connesso o alla produzione di elettricità generata dalle centrali nucleari, oppure ad altre attività come quelle mediche, le attività di ricerca, alcuni processi industriali industriali o, talvolta, attività agricole. A livello comunitario la gestione di questa tipologia di rifiuto è definita da una direttiva che ne impone un percorso responsabile, in grado di garantire un adeguato livello di sicurezza dal pericolo di incidenti, che potrebbero ripercuotersi anche sulle generazioni future. La direttiva in questione richiede agli Stati di dotarsi di programmi nazionali per la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito lungo tutto il ciclo di vita, dalla produzione allo smaltimento, pena, appunto, la procedura di infrazione.

Il nostro paese, insieme a Croazia, Estonia, Portogallo e Slovenia, ha presentato un programma che è stato ritenuto non adeguato dalla Commissione Europea, secondo la quale sarebbe al di sotto degli standard fissati dalla direttiva. Prima che arrivi la procedura di infrazione abbiamo tuttavia tempo per rimediare, anche se non molto. Ci restano infatti due mesi di tempo per intervenire sul nostro programma e colmarne le lacune, se non dovessimo agire prontamente la Commissione potrebbe scegliere di adire alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.