Per restare sotto gli 1,5 gradi bisogna ridurre in modo drastico l’uso di fonti fossili. Le infrastrutture esistenti vanno smantellate o usate a capacità ridotta. In qualsiasi scenario, è ormai indispensabile l’uso di tecnologie per la cattura di CO2 dall’aria. Tutti i dettagli del capitolo sui sistemi energetici dell’ultimo rapporto dell’IPCC
Dall’energia arriva il 34% dei gas serra globali, calcola il rapporto IPCC 2022
(Rinnovabili.it) – “Il riscaldamento non può essere limitato a 2°C o 1,5°C senza riduzioni rapide e profonde delle emissioni di CO2 e dei gas serra del sistema energetico”. D’altronde, dei 59 mld di t di CO2 equivalente (GtCO2e) emessi nel 2019, ben 20 (il 34%) vengono proprio dal comparto energetico, di cui 14 GtCO2e da generazione elettrica e riscaldamento e la parte restante da “leak” di vari gas serra. Il rapporto IPCC 2022 mette in chiaro che serve una rivoluzione profonda e totale del modo in cui produciamo, distribuiamo e consumiamo energia. E dai risultati in questo ambito dipende la quota più grande del successo (o dell’insuccesso) nel contenere il global warming sotto i livelli di guardia.
Il calo delle emissioni del comparto energetico: scenari
Nel lungo capitolo dedicato ai sistemi energetici, il rapporto IPCC 2022 parte da una panoramica dei cambiamenti necessari negli 8 scenari emissivi di riferimento. Gli scenari del gruppo C1, cioè quelli dove la probabilità di restare sotto gli 1,5°C è maggiore del 50% e lo sforamento (overshoot) è minimo e temporaneo (1,6°C), prevedono che le emissioni nette del comparto energia calino dell’87-97% entro il 2050.
Serve un forte impegno già a breve termine, con orizzonte 2030: la riduzione di CO2 deve battere tra il 35 e il 51%, mentre quella degli altri gas climalteranti (come il metano) del 38-52%. Mentre le emissioni nette della generazione elettrica devono necessariamente arrivare a zero tra il 2045 e il 2055. Tutti questi parametri sono considerati dal rapporto IPCC 2022 “high confidence”, cioè vi è un alto livello di consenso scientifico corroborato da dati solidi attorno a questi dati.
Bisogna quindi invertire radicalmente la rotta. Dal 2015 (l’anno dopo la pubblicazione del 5° Assessment Report IPCC) al 2019 (ultimo anno “normale” prima della pandemia), infatti, il consumo finale di energia nel mondo è cresciuto del 6,6% in parallelo con le emissioni di CO2 (4,6%).
Il destino delle fossili secondo il rapporto IPCC 2022
Nello stesso lasso di tempo, secondo l’ultimo capitolo del 6° Assessment Report IPCC, la capacità elettrica da carbone è lievitata del 7,6%, il consumo totale di petrolio e derivati del 5%, e quello di gas ben del 15%. C’è ancora posto per le fossili nel sistema energetico dei prossimi decenni? Il rapporto IPCC 2022 sostiene che serviranno “cambiamenti sostanziali” nei prossimi 30 anni, tra cui ridurre il consumo di fossili. Il carbone “unabated”, cioè senza cattura della CO2, deve calare del 67-82% entro il 2030 negli scenari del gruppo C1. Petrolio e gas hanno curve di riduzione più lente.
In tutti gli scenari che limitano il riscaldamento globale sotto i 2°C (da C1 a C4), le fonti low-carbon arrivano a pesare tra il 93 e il 97% del mix elettrico globale entro metà secolo. Negli scenari più ambiziosi, la quota di elettricità nel sistema energetico al 2050 batte tra il 48 e il 58% contro il 20% del 2019.
Bisogna partire dal carbone. “Se gli investimenti nel carbone e in altre infrastrutture fossili continuano, i sistemi energetici saranno incatenati a emissioni più alte, rendendo più difficile limitare il riscaldamento a ben meno di 2°C”, si legge nel rapporto IPCC 2022. Per questo bisogna smettere di investire in questa fonte fossile adesso: “Molti aspetti del sistema energetico – infrastrutture fisiche, istituzioni, leggi e regolamenti, e comportamenti – sono resistenti al cambiamento o richiedono molti anni per cambiare. Nuovi investimenti in elettricità da carbone senza CCS non sono coerenti con la limitazione del riscaldamento a ben meno di 2°C”.
Anzi, le infrastrutture fossili già operative oggi ci potrebbero condannare a un overshoot corposo o a sforare i 2°C. “Le stime delle future emissioni di CO2 dalle infrastrutture esistenti di combustibili fossili superano già le rimanenti emissioni nette cumulative di CO2 nei percorsi che limitano il riscaldamento a 1,5°C (con probabilità >50%) con overshoot nullo o limitato”. Non solo non bisogna costruire nuove infrastrutture: bisogna procedere al decommissioning e ridurne l’utilizzo.
Come saranno fatti i sistemi energetici net zero?
Fin dalla firma del protocollo di Kyoto nel 1997, nella diplomazia climatica è passato il principio delle responsabilità differenziate. Che si riflette anche nella diversità di soluzioni, priorità e raccomandazioni, da adattare sempre su base nazionale. Nel rapporto IPCC 2022, gli autori tracciano però l’identikit minimo, comune a tutti, del sistema energetico globale a emissioni nette zero.
I tratti comuni sono molti. La generazione elettrica è net zero, o perché non produce emissioni o perché le rimuove dall’atmosfera. C’è una diffusissima elettrificazione dei consumi finali, inclusi i trasporti leggeri, il riscaldamento e la cucina. Le fossili hanno un ruolo decisamente minore rispetto a oggi e ci usano vettori energetici alternativi come idrogeno, bioenergia, ammoniaca nei settori di più difficile elettrificazione. Bisogna migliorare l’efficienza energetica e l’integrazione regionale del sistema elettrico. Infine, per la prima volta, un rapporto del Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici scrive che è necessario l’uso di tecnologie per la rimozione di CO2 dall’aria come DACCS (Direct Air Carbon Capture and Storage) e BECCS (Bioenergy with carbon capture and storage).