(Rinnovabili.it) – Vi siete mai domandati cosa accade all’acqua piovana intorno alle nostre proprietà durante (o appena dopo) un forte temporale? Beh, nelle città, sempre più cementificate e prive di verde, spesso è costretta ad un lungo e tortuoso percorso prima di riuscire ad infiltrarsi nel terreno e ristabilire il naturale ciclo dell’acqua. Per questo motivo, complici anche i cambiamenti climatici in atto e le spesso inadeguate infrastrutture idriche di smaltimento, assistiamo sempre più di frequente a fenomeni di allagamento ed inondazione, talvolta estremamente dannosi, causati anche dalle difficoltà nell’allontanare le acque meteoriche.
Per cercare di ovviare a questo problema, dagli anni ’90 e soprattutto nei paesi anglosassoni (UK, USA e Australia), è stata avviata una ricerca mirata a individuare nuovi sistemi per gestire i deflussi metereologici in modo sostenibile e naturale, i cosiddetti SUDS (Sustainable Urban Drainage Systems).
Tra questi sistemi, attualmente stanno trovando, in ambito pubblico e privato, sempre maggiore impiego i “Rain gardens”, principalmente in virtù della loro semplicità realizzativa e manutentiva.
Cosa sono i ‘Rain Gardens’
Questi particolari “giardini della pioggia”, che si presentano come delle leggere depressioni del suolo ricoperte a verde simili a delle aiuole, servono a gestire e controllare le grandi quantità d’acqua piovana provenienti principalmente dai tetti degli edifici, dalle sedi stradali e dalle grandi aree pavimentate. Inoltre, tali sistemi-giardino, contribuiscono notevolmente alla riduzione dell’inquinamento idrico intercettando e trattenendo l’acqua piovana di ruscellamento e deflusso urbano, riducendo quindi il cosiddetto effetto “runoff”.
I Rain gardens, in questo modo, permettono un filtraggio e una depurazione del tutto naturale dell’acqua raccolta, oltreché un suo rallentamento nell’afflusso alle falde acquifere e ai corsi d’acqua, tale da ridurre la possibilità di fenomeni alluvionali a valle.
Di fatti, proprio come il terreno di una foresta trattiene l’acqua e gli permette di penetrare lentamente nel suolo, così un Rain garden conserva e filtra l’acqua piovana consegnandola all’impianto fognario in maniera meno inquinata, meno veloce e con un flusso costante, in modo da non alterare il regolare funzionamento dell’impianto stesso. Così facendo, i Rain gardens, soprattutto se utilizzati su grande scala, aiutano sensibilmente a limitare il fenomeno dell’allagamento stradale e persino a ridurre del 30% la concentrazione di agenti inquinanti nel sistema idrico ricettore. Inoltre, è bene sottolineare che tali sistemi filtranti vegetati vengono progettati per avere tempi di drenaggio delle acque accumulate, dopo l’evento atmosferico, non superiori alle 12-24 ore, così da prevenire il ristagno delle acque e la proliferazione degli insetti.
Le numerose applicazioni
Altro particolare aspetto da non tralasciare è che l’utilizzo di questi innovativi giardini risulta essere anche un valido modo per riqualificare e migliorare esteticamente gli spazi pubblici e privati, creando paesaggio e biodiversità, contribuendo al contempo ad innalzare l’orgoglio e l’attenzione verso la tutela ambientale di una comunità. Inoltre, se collegati ad un sistema di accumulo e conservazione delle acque meteoriche filtrate, permettono di ottenere un ottimo risparmio idrico derivante dal riutilizzo delle stesse.
Premesso che per realizzare queste strutture è sempre necessario effettuare delle analisi preliminari del sito, della qualità del terreno e della rilevanza degli eventi atmosferici, la loro messa in opera risulta essere relativamente facile e a buon mercato, tant’è che in alcune città estere (come nel caso di Melbourne in cui ne sono state costruite più di 10.00) viene fortemente incoraggiata dalle Amministrazioni Pubbliche anche ai privati cittadini.
Ma vediamo quali sono gli elementi principali di un Rain garden:
1) Fascia erbosa di protezione: serve sostanzialmente a rallentare il flusso dell’acqua in entrata.
2) Esenze vegetali: possibilmente autoctone e ben resistenti sia all’eccessiva acqua e sia ai periodi di siccità, servono ad assorbire e a filtrare il runoff inquinante, ma anche a creare un habitat per la fauna selvatica in ambito urbano.
3) Area di ristagno: questa depressione del terreno (normalmente di 10-20 cm) dove viene raccolta l’acqua, ne facilita l’evapotraspirazione e ne permette l’infiltrazione nel suolo.
4) Strato di pacciamatura: molto importante per rimuovere l’inquinamento organico grossolano e le particelle sospese contenute nell’acqua piovana, è utilizzato anche per mantenere umido il terreno così da garantire le giuste condizioni di vita per le essenze vegetali.
5) Strato drenante: costituito principalmente da una miscela di sabbia (50%) compost organico (25%) e terreno del sito (25%), oltre a fornire acqua e nutrienti per le piante superficiali, serve ad assorbire i metalli pesanti, gli idrocarburi e gli altri agenti inquinanti contenuti nelle acque meteoriche.
6) Eventuale dreno di raccolta dell’acqua: costituito da un letto di ghiaia e da tubi drenanti, viene utilizzato per convogliare le acque verso l’impianto fognario o verso le cisterne di raccolta per un possibile riutilizzo della stessa.
A questo punto è facile capire come i Rain gardens possano essere, in ambito urbano, una valida ed economica soluzione per combattere la contaminazione delle acque ed un importante strumento per ridurre i danni connessi alle calamità naturali, fornendo al contempo un elemento visuale interessante e di una certa valenza estetica.