Un nuovo studio ha valutato gli impatti tecnici, economici e ambientali dell'adeguamento dei sistemi di trattamento delle acque sotterranee salmastre presso le unità di generazione elettrica esistenti a carbone e gas per ridurre il consumo di acqua dolce nelle torri di raffreddamento
La siccità mette a dura prova il raffreddamento delle centrali termoelettriche, aumentando la competizione idrica
(Rinnovabili.it) – Impiegare acqua dolce per il raffreddamento delle centrali termoelettriche a gas e carbone sta diventando un problema sempre più ingombrante e non solo sul fronte della salvaguardia delle riserve idriche e della protezione dell’ambiente. Con l’aumento del riscaldamento globale e degli effetti dei cambiamenti climatici ne va di mezzo la stessa sicurezza energetica. Lo ha ben dimostrato il parco termoelettrico nazionale la scorsa estate quando, a causa delle dure condizioni siccitose, sono state fermate o limitate una serie di centrali termoelettriche a gas nel Nord Italia, realizzate a ridosso di fiumi.
La soluzione, al di là del processo di transizione energetica che dovrebbe mandare progressivamente in pensione questa tipologia di impianti, sta nella risorsa idrica utilizzata. Ecco perché un gruppo di ricercatori dell’Università del Wyoming ha voluto studiare l’impiego di acque salmastre e salate al posto di quella dolce per il raffreddamento delle centrali termoelettriche a combustibili fossili. Un approccio, spiegano gli scienziati, che potrebbe tornare utile anche per i futuri impianti dotati di sistemi di cattura della CO2, la cui impronta idrica è destinata ad aumentare.
Per il gruppo “il trattamento delle acque sotterranee salmastre per il raffreddamento delle unità di generazione termoelettrica può aiutare ad alleviare la potenziale concorrenza per le risorse di acqua dolce tra diversi settori nelle regioni a rischio idrico”. C’è però un problema con questo approccio: i sali e i minerali disciolti nell’acqua salmastra devono essere preventivamente rimossi, un processo energivoro che produce salamoie concentrate da smaltire. Esiste in realtà un metodo chiamato “scarico liquido zero” che riduce al minimo l’impatto ambientale della desalinizzazione, ma è particolarmente costoso.
Quanto costa tagliare l’acqua dolce alla produzione termoelettrica?
La ricerca ha esaminato la fattibilità tecnica ed economica di diverse tecniche di desalinizzazione, stimando anche la quantità di acqua dolce risparmiata, l’efficacia in termini di costi dell’intervento e l’impatto sulla capacità di generazione netta delle centrali elettriche. Gli autori hanno concluso che l’adeguamento degli impianti per il trattamento delle acque sotterranee salmastre potrebbe eliminare quasi completamente l’uso di acqua dolce, aumentando il costo della produzione dall’8% al 10%.
“Il nostro studio rivela i compromessi in termini di risparmio di acqua dolce, costi e capacità di generazione elettrica”, spiega lo scienziato Zitao Wu e autore principale della pubblicazione sulla rivista Nature Water (testo in inglese). I ricercatori consigliano un ulteriore sviluppo delle tecnologie per il trattamento dell’acqua salmastra, insieme allo studio di altre fonti d’acqua non tradizionali per il raffreddamento delle centrali termoelettriche, come i reflui urbani o l’acqua prodotta dall’estrazione di petrolio e gas.
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