Rinnovabili

Prosegue l’indagine conoscitiva sul ruolo del nucleare in Italia

Nucleare dedicato per l’acciaio: la filiera italiana si mobilita
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Riutilizzare i siti nucleari esistenti per la localizzazione degli impianti futuri. Ne parlano Edison e Westinghouse in audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera sulle prospettive dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione. “Differentemente dalle grandi centrali, gli Small modular reactor – SMR, grazie alla loro taglia, possono essere utilizzati come repowering delle centrali esistenti. Ricordiamoci che entro il 2035 la gran parte delle centrali a gas arriverà a fine vita utile, quindi l’Italia è di fronte a un bivio e possono produrre oltre all’elettricità anche calore e idrogeno. In più sono modulabili ovvero possono ridurre il carico con una certa velocità per seguire la produzione delle rinnovabili”. A dirlo è Lorenzo Mottura, direttore Strategy, Corporate Development & Innovation EVP di Edison. Gli SMR “possono essere utilizzati in due modi, quello classico delle centrali nucleari, un funzionamento solo elettrico”, o per la loro “co-generatività resa possibile dalla sicurezza”.

Nel funzionamento ‘classico’, spiega il manager di Edison, “producono energia elettrica” quindi in tal caso “le implicazioni sul territorio riguardano il trovare requisiti adatti per gli SMR: disponibilità di acqua, poca in realtà perché basta quella che consuma una turbina a gas a ciclo combinato”, poi “c’è la sismicità, l’unica zona esclusa è a livello 1 quindi gran parte dell’Italia è utilizzabile con gli SMR, e una disponibilità di rete elettrica. Si può immaginare quindi di riutilizzare i vecchi siti nucleari”, dice Mottura. “Ma la parte più interessante che li differenzia dai grandi reattori nucleari è la co-generatività resa possibile dalla sicurezza, si può immaginare di realizzare SMR che oltre a produrre energia elettrica e immetterla in rete producono i vettori di calore che possono essere utilizzati per la decarbonizzazione del settore termico dei distretti industriali”. Le temperature dovrebbero essere superiori ai 220 gradi. 

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La posizione di Mottura di Edison trova sponda nelle valutazioni di Fabio Presot, responsabile commerciale di Westinghouse electric company. “Riteniamo che si siano poste tutte le condizioni per evolvere da decommissioning a recommissioning. D’ora in avanti possiamo pensare al riutilizzo dei siti nucleari esistenti a partire da quello di Trino, come siti già dotati infrastrutturalmente per potenziali nuove installazioni di SMR, come il nostro Ap300, o di reattori di grande taglia come gli Ap1000″.

“L’Italia è un partner storico di Westinghouse fino dal 1957, anno della firma del contratto per la costruzione della centrale italiana Enrico Fermi di Trino tra la Società Elettronucleare Italiana, la SELNI, e noi. Trino è per Westinghouse un emblema essendo stata la prima centrale PWR ad acqua pressurizzata realizzata fuori dagli Stati Uniti”, segnala Presot. Inoltre, “Ansaldo Nucleare è sempre stato un fornitore preferenziale di Westinghouse, contribuendo fin dagli anni 70 allo sviluppo degli Ap”. Vista la decisione del governo di tornare all’energia elettronucleare, “accogliamo con molto piacere questo ritorno, dovuto e atteso, dell’Italia all’energia nucleare per contribuire alla salvaguardia del nostro pianeta con una fonte di energia sicura, conveniente e priva di carbonio”, dice il manager Westinghouse, questo “a maggior ragione visti gli ottimi rapporti tra il governo statunitense e quello italiano e gli accordi di collaborazione nucleare esistenti”.

Certo, resta sempre il problemaccio dei costi della tecnologia, inevitabilmente assai alti per tutta una serie di implicazioni, e che inevitabilmente si riflettono sul kWh. Sugli SMR ” la tecnologia non è ancora chiusa, quindi ci sono ancora dei margini di incertezza legati al costo di sviluppo di questi impianti. Però la stima preliminare di costo dell’energia si attesta intorno ai 100 euro al MegaWattora +/- 10-15%, questa è la stima iniziale per i primi reattori”, valuta Mottura di Edison. Detto questo, “ci aspettiamo che con l’aumento del numero di impianti prodotti, per cui è necessaria una partnership europea, il costo di 100 euro al MWh dovrebbe scendere dopo i primi anni”, auspica Mottura. Per una stima sugli AMR “stiamo ancora studiando” ma visto che si pensa di riuscire ad alimentare gli AMR– Advanced modular reactor – quando ci saranno, verso gli anni 30 o 40 – con le scorie delle precedenti tecnologie nucleari, va tenuto presente che “i costi di riciclo del combustibile sono molto elevati”, avverte il direttore Strategy, Corporate Development & Innovation EVP di Edison, quindi la soluzione risulterebbe conveniente anche con un cartellino del prezzo pesantino. 

“Integrare l’opzione nucleare nella riforma del mercato elettrico alla quale stiamo lavorando, integrando la fonte nucleare nei meccanismi che già oggi, in parte, operano sulle rinnovabili, in un mercato unico sganciato dalla produzione termoelettrica”. Aurelio Regina, delegato per l’Energia di Confindustria, lo dice in audizione alla Camera sul percorso che nelle intenzioni del governo lega nucleare e decarbonizzazione. Una iniziativa che vuole restituire competitività alle imprese italiane che vedono la loro competitività nei confronti dei competitor europei azzoppata dagli alti costi dell’energia. Un obiettivo, quest’ultimo, che in molti temono non potrà essere centrato con il nucleare, quantomeno per i prossimi 15 – 20 anni. Dalle parti di viale dell’Astronomia “vediamo un futuro dove il nucleare di nuova generazione, con uno sviluppo significativo delle rinnovabili, può costituire con altre tecnologie che matureranno la dorsale economica in un mix tecnologico che può rendere ancora competitivo il nostro Paese e farlo rimanere un grande sistema industriale”, valuta Regina. 

Rimane l’incognita della spesa. “Sui costi credo che ora nessuno possa dare una chiara determinazione”, spiega Regina ai commissari, ricordando che “l’unico studio a disposizione è quello sviluppato da Edison che indica che il costo del MegaWatt nucleare di nuova generazione è simile a quello delle fonti rinnovabili”. Invece di fare i conti in tasca solo alla soluzione elettronucleare “va guardato il quadro complessivo”, avverte il delegato di Confindustria, “per le rinnovabili abbiamo speso sinora 200 miliardi di euro dei cittadini per garantire una produzione molto limitata e ne dovremo spendere altri 80 miliardi”. E allora, “se investissimo qualche decina miliardi per una fonte stabile e sicura come sembra essere il nucleare, credo possa essere importante per il nostro futuro”, calcola Regina.

In realtà le cifre del sistema elettrico ci dicono una cosa diversa. Nel 2024 le FER hanno generato oltre 128 TWh, pari al 48,8% alla produzione totale netta.

Per il ritorno dell’Italia al nucleare “parliamo essenzialmente di small reactor”, conferma Regina, “il grado di maturità degli SMR è abbastanza importante, si prevede che il primo sarà in funzione nel 2030, anche se a quella data forse la tecnologia non sarà completamente matura”, ammette Regina.

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