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I costruttori sul Recovery, senza riforme si riuscirà a fare meno della metà del Pnrr

Il presidente dell’Ance Gabriele Buia in audizione alla Camera sul Pnrr. “Con le regole e il modello decisionale attualmente in vigore, meno del 50% del Piano potrà essere realizzato. Nel nostro Paese servono circa 5 anni per realizzare, collaudare e rendicontare opere inferiori a un milione di euro e più di 15 anni per le grandi opere”.

Pnrr, audizione Ance:
credits: Frits de Jong da Pixabay

Recovery e Pnrr sono una “partita decisiva per il nostro futuro e soprattutto per quello delle nuove generazioni”

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – Senza le necessarie riforme, e con le regole di adesso, si riuscirà a fare meno della metà del Piano indicato nel Recovery. E’ questo il cuore del ragionamento del presidente dell’Ance Gabriele Buia portato in audizione alle commissioni riunite Bilancio e Ambiente alla Camera sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Importante cambiare il sistema almeno su due fronti: la riforma della Pubblica amministrazione (“la madre di tutte le riforme per la crescita economia e per il settore delle costruzioni”) e quella della Giustizia (“il malfunzionamento frena imprese e cittadini”).

“Con le regole e il modello decisionale attualmente in vigore, meno del 50% del Piano potrà essere realizzato – osserva Buia e al settore delle costruzioni vengono destinate circa la metà delle risorse complessive previste dal Piano”. Quella del Recovery è una “partita decisiva per il nostro futuro e soprattutto per quello delle nuove generazioni; e la si deve giocare per vincere. Occorrono quindi decisioni immediate, lungimiranti e coraggiose”.

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Secondo il presidente dei costruttori “nel nostro Paese servono circa 5 anni per realizzare, collaudare e rendicontare opere inferiori a un milione di euro e più di 15 anni per le grandi opere”, quelle cioè “oltre i 100 milioni di euro”. Poi “dopo sette anni, abbiamo speso solo il 6% del Fondo sviluppo e coesione e il 40% dei Fondi strutturali europei, e della Legge di Bilancio del 2017 sono state bandite le gare per utilizzare le risorse disponibili a dicembre del 2020”.

La convinzione di Buia è che servano “scelte in grado di eliminare le incrostazioni amministrative e le vecchie prassi che ci impediscono da anni di crescere e va anteposto il benessere collettivo agli interessi di parte. I nostri mali li conosciamo bene: è giunta l’ora di rimboccarci le maniche e di trovare insieme quelle soluzioni che possono veramente invertire la rotta e tornare a creare un clima di fiducia nel Paese”. Anche perché – va sul pratico il presidente dell’Ance – un bando non vuol dire cantiere e (nella realtà) “tra la pubblicazione di un bando e l’apertura di un cantiere passano anni”. Inoltre, sempre per rimanere sul funzionale, dice: “Il codice Appalti, come dimostra il frequente ricorso alle figure commissariali e le continue deroghe, ha fallito il suo compito e sarebbe ora di voltare pagina”.

Questo, tenendo presente che il Recovery richiede anche che il 70% delle opere siano appaltate entro il 2022. Per Buia è necessario un intervento “subito”; bisogna “cambiare radicalmente il sistema” altrimenti “rischiamo ancora una volta di non riuscire a utilizzare i finanziamenti”. Quello che chiedono i costruttori è un intervento sul metodo di governance, sulle procedure snelle e su un quadro di risorse “disponibili e immediatamente spendibili”; su questo pensa a una cabina di regia a palazzo Chigi.

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Tra i punti principali ritenuti più urgenti dall’Ance sul Pnrr c’è “un grande piano di rigenerazione urbana per ripensare e adattare le nostre città alle nuove esigenze sociali, economiche e tecnologiche; un vero Piano di messa in sicurezza del territorio e delle infrastrutture” con un programma di “interventi orientato alla sostenibilità, che comprenda interventi per l’attenuazione dei rischi naturali, idrogeologico e sismico, e interventi nelle infrastrutture sociali necessarie per gestire la crescente domanda di servizi sociali: sanità, istruzione, edilizia abitativa e mobilità. Senza dimenticare le reti di collegamento, ferroviarie e stradali, necessarie per rilanciare la competitività e ridurre il divario tra le diverse aree del Paese”.

Ma c’è anche le necessità di proroga del superbonus al 110%, che rappresenta una grande opportunità per la riqualificazione in chiave di sostenibilità del patrimonio edilizio italiano esistente”. E non si può andare avanti senza la digitalizzazione del Paese: “Non si può parlare di futuro senza affrontare con serietà e determinazione un tema sul quale l’Italia è in ritardo anni luce rispetto ad altri partner internazionali”.