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Il fumoso PNIEC dell’Italia emette 44 mln t di CO2 di troppo

Analizzando la chiarezza di informazioni e la coerenza interna di quattro temi trasversali - elettricità rinnovabile e idrogeno rinnovabile, usi del territorio, bioenergia e stoccaggio geologico a lungo termine della CO2, l’Osservatorio sulla neutralità climatica europea avverte: il piano dell’Italia al 2030 per la transizione rischia di fallire diversi obiettivi

PNIEC Italia: poca trasparenza, a rischio tagli per 44 MtCO2eq
Foto di Chris Barbalis su Unsplash

Il rapporto di ECNO sul PNIEC Italia

(Rinnovabili.it) – Poca trasparenza sul collegamento tra risorse e obiettivi e una coerenza interna che zoppica. Mettendo a rischio il raggiungimento dei target di transizione al 2030. È il duro giudizio sul PNIEC dell’Italia di ECNO, l’osservatorio sulla neutralità climatica europea, che in un rapporto pubblicato di recente passa ai raggi x i piani integrati energia e clima del Belpaese, Olanda, Spagna, Svezia e Ungheria.

Cosa non torna nel PNIEC dell’Italia

ECNO non valuta l’efficacia delle politiche proposte nel PNIEC Italia, fa un’analisi più strutturale ed ex ante. Il punto principale su cui si concentra è il grado di trasparenza illustrato dal Piano. “La mancanza di trasparenza sulle misure chiave può aumentare il rischio di non raggiungere l’obiettivo delle emissioni”, spiega il rapporto, che passa al vaglio 4 temi trasversali: elettricità rinnovabile e idrogeno rinnovabile, usi del territorio, bioenergia e stoccaggio geologico a lungo termine della CO2.

crediti: ECNO

Il gap di trasparenza nel PNIEC dell’Italia è stimato in circa 44 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (MtCO2eq). Pari al 39% delle riduzioni di emissioni che il Belpaese dovrebbe raggiungere da qui a fine decennio. “In altre parole, solo il 17% del 28% di riduzione rimanente entro il 2030 rispetto al riferimento del 2021 è descritto in modo trasparente”, segnala ECNO. A livello di settori, i rischi maggiori derivanti da poca trasparenza riguardano i trasporti: qui il gap è di 22,6 MtCO2eq. Seguono l’industria con 12,3 MtCO2eq, poi la produzione energetica con 5,2, gli edifici con 2,1 e l’agricoltura con 2.

Fumosi appaiono gli obiettivi del PNIEC Italia sull’idrogeno. Il testo parla chiaro sui volumi previsti di consumo di idrogeno rinnovabile nel 2030: 4,5 TWh per i trasporti e 3,8 TWh per l’industria. Per la produzione, invece, c’è meno chiarezza. “Prevede che elettrolizzatori per 3 GW copriranno l’80% di questa domanda e che i restanti volumi saranno importati. La Strategia Nazionale per l’Idrogeno, pubblicata nel 2020, parla invece dell’installazione di 5 GW di elettrolizzatori e della produzione di circa 0,7 Mton/anno di idrogeno rinnovabile”, segnala ECNO. “Ipotizzando un fattore di conversione del potere calorifico più basso (33,3 kWh/kg), ciò corrisponderebbe ad una produzione di 23 TWh nel 2030”.

Mancano poi indicazioni rispetto al cambio d’uso dei suoli, e anche affidandosi alle proiezioni in base ai trend storici l’Italia non arriverebbe ai target UE: il PNIEC promette 34,9 MtCO2eq sequestrate (senza dettagliare come), Bruxelles ne chiede 35,8. C’è invece un rischio più moderato per quanto riguarda la produzione di bioenergia, mentre gli aspetti legati alla cattura e stoccaggio di CO2 dall’industria ricevono il semaforo verde – anche perché sono relativamente poco ambiziosi.