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Il picco del petrolio si allontana: le alternative low-carbon non decollano

Secondo l’azienda norvegese di consulenza Rystad, la domanda globale di petrolio non rallenterà, fino a fermarsi prima del 2030, come previsto dall’Agenzia internazionale dell’energia l’anno scorso. La penetrazione delle alternative a basso contenuto di carbonio nei 13 settori che più dipendono dal petrolio stentano a ingranare. Con la sola eccezione delle auto elettriche

Picco del petrolio: Rystad, non arriverà prima del 2030
Foto di Martin Adams su Unsplash

Per l’IEA, il picco del petrolio sarebbe “in vista” già prima di fine decennio

Stiamo sviluppando troppo lentamente le alternative low-carbon alle fonti fossili. Non sono ancora abbastanza competitive sotto il profilo economico, o sono troppo immature. Se continuiamo su questa traiettoria, il picco del petrolio non arriverà prima del 2030.  Lo sostiene un’analisi di Rystad Energy pubblicata il 16 maggio.

I dati proposti dall’azienda di consulenza norvegese contrastano con le previsioni più recenti dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA). In un rapporto sulle prospettive a medio termine della domanda globale di petrolio rilasciato lo scorso giugno, l’IEA sosteneva che il picco del petrolio fosse “in vista” già prima del 2030, con la curva della domanda che sarebbe destinata a rallentare in modo sostanziale già nei prossimi anni, fino praticamente a fermarsi attorno al 2028.

Cosa allontana il picco del petrolio?

Per Rystad, i 13 settori che fanno più affidamento sul petrolio si trovano invece di fronte a un percorso di transizione “più complesso” di quello che ci si aspettava un paio di anni fa. La domanda di petrolio rimane “vischiosa”, soprattutto perché il greggio mantiene ancora dei “vantaggi competitivi” in molti settori dei trasporti e processi industriali.

L’unica nota positiva arriva dall’elettrificazione dei veicoli passeggeri. Le auto private saranno sempre più EV, nonostante il rallentamento della loro diffusione nell’ultimo anno. La crescita, per Rystad, tornerà a essere corposa anche nella seconda metà di questo decennio. Un punto dirimente per determinare la traiettoria effettiva di questo settore sarà la chiusura o meno del gap di infrastrutture di ricarica su strada.

Per tutti gli altri settori, i problemi sono molti. Il trasporto pesante sconta problemi nella dimensione e durata di ricarica delle batterie, e il battery swapping – la sostituzione del pacco batterie con uno già carico – è usato solo in poche nicchie, specie in Cina. La ricarica a induzione è ancora immatura come tecnologia e troppo costosa. Problemi analoghi si riscontrano, secondo Rystad, anche per la decarbonizzazione del trasporto marittimo e di quello aereo.

Nel settore petrolchimico un collo di bottiglia importante è quello del riciclo, fondamentale per ridurre il consumo di materia prima fossile: la tecnologia c’è, mancano gli investimenti per adottarla su scala adeguata. I settori industriali che si basano su processi termici a temperature elevate possono puntare sull’idrogeno, ma anche in questo caso è difficile che il vettore energetico riesca a diffondersi in modo massiccio entro il 2030.

“Ridurre le emissioni globali è ancora possibile nel medio termine se altri settori energetici impiegano tecnologie pulite e fonti rinnovabili a un ritmo più rapido”, conclude con una nota positiva l’analisi di Rystad.

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