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L’impatto della pandemia sul picco del petrolio secondo S&P

L’agenzia di rating non vede la pandemia come un vero momento di svolta per la domanda globale di petrolio. Diverso invece il discorso sul gas, che sarà messo in discussione prima del previsto

picco del petrolio
Credits: Rob D da Pixabay

Solo nello scenario più pessimista e inverosimile il picco del petrolio è anticipato al 2025

(Rinnovabili.it) – A Standard & Poor’s non sono convinti che la pandemia stravolgerà davvero la domanda globale di petrolio. Le fluttuazioni che vediamo in questi mesi ci accompagneranno ancora per un po’, questo sì. Ma non è abbastanza per riscrivere le previsioni sul picco del petrolio, che l’agenzia di rating lascia invariato al 2040 (data che incorpora anche l’andamento del settore petrolchimico).

La richiesta del barile è crollata di 20 milioni al giorno durante marzo-aprile. Nel 2020 la media finale attesa è un meno 8,1 mln di b/g. Praticamente il Covid si è mangiato gli ultimi 8 anni di crescita della curva. Al tonfo è seguito un rimbalzo, che però secondo S&P non basterà per tornare ai livelli pre-Covid. L’agenzia stima che nei prossimi anni vedremo ancora una flessione della domanda. Parliamo di 2,5 milioni di barili in meno rispetto ai dati 2019.

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Tutto questo, però, non è abbastanza per avvicinare la data del picco del petrolio, avverte l’agenzia. E nemmeno per innescare un cambiamento nell’industria degli idrocarburi affinché si allinei all’obiettivo climatico di contenere il riscaldamento globale entro i 2°C.

Solo nello scenario più pessimistico immaginato da S&P le cose cambiano radicalmente. E il picco del petrolio sarebbe già in vista: addirittura il 2025. Ma questo scenario si basa su una concomitanza di fattori piuttosto drastici. Quali? Il telelavoro deve diventare la norma, ovunque. Addio uffici in centro, le metropoli globali in tutti i continenti si devono pressoché svuotare di colletti bianchi. Ma non solo: addio anche ai viaggi in aereo, che tornerebbero ai livelli pre-Covid solo nel lontanissimo 2030. E poi servirebbe pure un cambiamento epocale nelle supply chain globali, con una fuga di imprese e investimenti lontano dai paesi produttori o ad alto consumo di idrocarburi nell’industria come Cina, Arabia Saudita e Messico.

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Standard & Poor’s vede però un cambiamento nel mondo degli idrocarburi, e riguarda il gas nel panorama europeo. Non sarà più scontato, dopo il Covid, vedere nel gas il vettore di transizione per eccellenza. La sfida fondamentale per il gas verrà dal suo contributo alle emissioni globali e dalla crescente pressione commerciale e politica per evitare, o almeno accorciare, il periodo in cui il gas farà da ponte.

Ma le rinnovabili da sole non basteranno per colmare il phase out del carbone e del nucleare. Nel mix energetico europeo il gas resterà da protagonista fino al 2030. La spinta della transizione energetica, tra Green Deal e tassonomia verde che esclude gli impianti a gas ad alte emissioni, imporrà comunque una revisione delle strategie di lungo periodo su questo vettore.