Perché il passaggio sul picco del carbonio è ambiguo?
(Rinnovabili.it) – Per avere qualche chance di tenere il global warming sotto la soglia di 1,5 gradi, il picco del carbonio deve avvenire immediatamente. Non entro il 2025, come sembra da una prima lettura del 6° rapporto IPCC presentato nelle scorse settimane. Perché questo malinteso? Colpa di un cortocircuito tra scienza e politica, e delle regole bizantine con cui viene passato al vaglio il sommario per i politici del report.
A far luce sulla vera data del picco del carbonio è uno degli autori del rapporto IPCC, Glen Peters del Centre for International Climate Research di Oslo. In un’intervista alla BBC, lo scienziato spiega che il linguaggio usato nel sommario – il picco del carbonio deve avvenire “al più tardi nel 2025” – è alla meglio ambiguo, alla peggio fuorviante. Due i motivi per cui sono state scelte queste parole e non una formula più chiara.
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Il primo motivo è come sono fatti i modelli climatici usati per sviluppare questi dati. Lavorano a blocchi di 5 anni, quindi non hanno una grana abbastanza fine per individuare un anno specifico. L’altro motivo è come avvengono i negoziati per limare il sommario per i politici: la regola è che le affermazioni devono essere ovviamente basate sulla scienza, ma non possono obbligare gli Stati a scegliere una politica specifica.
È per queste ragioni che il sommario non dice che il picco del carbonio deve avvenire “ora” o “immediatamente”, come alcuni scienziati avevano proposto durante le due settimane di dibattito a porte chiuse. “Quando si guardano i dati scientifici”, spiega Peters, “diventa subito chiaro che qualsiasi scenario in linea con 1,5 gradi fa cadere le emissioni dal 2020 al 2025. Anche per gli scenari che limitano il riscaldamento a 2°C è così”. In altri termini, il picco del carbonio sarebbe dovuto già avvenire, con il 2020 come anno massimo.
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