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Cosa sappiamo del Piano Mattei per l’Africa?

Energia, acqua e agricoltura sono tra le aree prioritarie di intervento. Ma molti dei progetti citati dalla premier Giorgia Meloni sono interventi già in corso, spesso avviati dalla cooperazione italiana o da grandi aziende come Eni. Pochissimi i dettagli su nuovi progetti in cantiere. E il Piano Mattei “cannibalizza” il 70% delle risorse stanziate per il Fondo italiano per il clima: il governo però non ha ancora chiarito quali saranno i benefici attesi da questi progetti per il contrasto della crisi climatica

Piano Mattei: Meloni svela la strategia italiana per l’Africa
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Il 29 gennaio il governo Meloni ha presentato il Piano Mattei

(Rinnovabili.it) – Cinque aree prioritarie di intervento. Con il capitolo “acqua e energia” che occupa un posto di rilievo. Non fosse altro perché si tratta di trasformare l’Italia nell’“hub naturale di approvvigionamento energetico per l’intera Europa”. Ma c’è anche molta attenzione alla sicurezza alimentare attraverso il capitolo “agricoltura”. Nel complesso, una dotazione iniziale di 5,5 miliardi di euro. Sono le prime coordinate del Piano Mattei, la strategia del governo Meloni annunciata fin dal giorno dell’insediamento a Palazzo Chigi. Presentate ieri a Roma durante la Conferenza Italia-Africa.

La cornice del Piano Mattei

Nelle intenzioni dell’esecutivo, il Piano Mattei è lo strumento per riportare l’Italia tra i “grandi” facendola diventare il motore della cooperazione tra Europa e continente africano. L’idea di fondo è di mettere su binari nuovi, paritari, le relazioni con l’Africa. La stessa idea che permise a Enrico Mattei di scardinare il monopolio delle grandi compagnie petrolifere e radicare Agip/Eni in molti paesi, ai quali veniva lasciato più controllo sulle proprie risorse.

Vogliamo “immaginare e scrivere una pagina nuova nella storia delle nostre relazioni”, ha spiegato la premier Giorgia Meloni ieri presentando in Parlamento i lavori della Conferenza. Si tratta, ha continuato Meloni, di “una cooperazione da pari a pari, lontana da qualsiasi tentazione predatoria, ma anche da quell’impostazione “caritatevole” nell’approccio con l’Africa che mal si concilia con le sue straordinarie potenzialità di sviluppo”.

Approccio, tempistica e obiettivi che si conciliano molto bene con quelli di Bruxelles. Non a caso, la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, presente ieri alla Conferenza, ha subito sottolineato il gioco di incastri virtuosi con il Global Gateway europeo, il piano di investimenti infrastrutturali ed energetici con cui Bruxelles ha risposto alla Via della Seta della Cina (la Belt and Road Initiative). Per von der Leyen, il Piano Mattei “si integra perfettamente col nostro global gateway europeo: 150 miliardi di euro questo è il piano di investimenti per l’Africa”.

5,5 miliardi per 5 aree di intervento

Di miliardi, l’Italia, ne mette invece 5,5. Si tratta di una dotazione iniziale tra “crediti, operazioni a dono e garanzie, dei quali circa tre miliardi verranno destinati dal Fondo italiano per il clima, e circa due miliardi e mezzo dalle risorse della cooperazione allo sviluppo”, ha spiegato Meloni. In altre parole: per il momento non ci sono stanziamenti di nuove risorse, solo il reindirizzamento di voci già esistenti.

Viene così confermata la “cannibalizzazione” del Fondo per il clima da parte del Piano Mattei, di cui si era parlato già nei mesi scorsi. Il Fondo era stato istituito dal governo Draghi nel 2022 e aveva l’obiettivo di permettere all’Italia di rispettare gli impegni sulla finanza climatica presi alla Cop26 di Glasgow, alzando molto il contributo nazionale (e avvicinandosi alla “fair share” italiana, la quota parte di impegno calcolata in base al contributo italiano alle emissioni globali). Il Fondo aveva una dotazione di 840 milioni l’anno tra 2022 e 2026, in tutto 4,2 miliardi. Il Piano Mattei quindi impiegherà più del 70% delle risorse previste per il Fondo clima entro il 2026.

Insieme ai 2,5 miliardi drenati dal fondo per la cooperazione (che dispone in tutto di 4,5 mld l’anno), alimenteranno “poche, fondamentali, priorità di medio e lungo periodo”, messe a terra con una serie di progetti pilota, evitando “miriadi di micro interventi che non producono risultati significativi”. Le priorità ricadono negli ambiti: istruzione e formazione; salute; agricoltura; acqua ed energia. “Abbiamo individuato, per iniziare, alcune Nazioni africane, suddivise nel quadrante subsahariano e in quello nordafricano, con l’obiettivo di estendere progressivamente questa iniziativa seguendo una logica incrementale”, ha spiegato ancora Meloni.

Cosa sappiamo dei progetti concreti del Piano Mattei?

La premier è però stata molto più avara di dettagli sui progetti concreti che popoleranno la cornice del Piano Mattei. Il cui testo non è stato reso pubblico. Nel discorso in parlamento, Meloni ha citato alcuni degli interventi a titolo di esempio, ma si tratta perlopiù di progetti già in corso, avviati dalla cooperazione italiana o da grandi aziende (come Eni).

Sul capitolo istruzione e formazione, uno degli interventi citati da Meloni riguarda la “riqualificazione infrastrutturale delle scuole” in Tunisia, stesso ambito in cui è attiva Eni con molti progetti, che prevedono tra le altre cose l’installazione di impianti rinnovabili a servizio del settore educativo.

Per quanto riguarda l’energia, la premier ha parlato di un progetto “in Kenya dedicato allo sviluppo della filiera dei biocarburanti, che punta a coinvolgere fino a circa 400 mila agricoltori entro il 2027”. Si tratta con ogni probabilità dello stesso intervento che Eni porta avanti dal 2021, ma con l’obiettivo finale raddoppiato: la società di San Donato Milanese punta a coinvolgere 200mila agricoltori entro il 2026.

Non è poi del tutto chiaro se altri progetti di interconnessione elettrica ed energetica tra le due sponde del Mediterraneo rientrino nel Piano Mattei o siano semplicemente funzionali. “Chiaramente questo scambio funziona se ci sono anche infrastrutture di connessione tra i due continenti e lavoriamo da tempo anche su questo, soprattutto insieme all’Unione europea, penso all’interconnessione elettrica ELMED tra Italia e Tunisia, o al nuovo Corridoio H2 Sud per il trasporto dell’idrogeno dal Nord Africa all’Europa centrale passando per l’Italia”, ha detto Meloni.

Il capitolo sulla sicurezza alimentare, per ora, sembra invece tutto calibrato sul Nord Africa. La premier ha citato un progetto di monitoraggio satellitare sull’agricoltura in Algeria un centro agroalimentare in Mozambico, sostegno alla produzione di grano, soia, mais e girasole in Egitto con investimenti in macchinari, sementi, tecnologie e nuovi metodi di coltivazione. E un altro intervento, in Tunisia, “per potenziare le stazioni di depurazione delle acque non convenzionali per irrigare un’area di otto mila ettari e creare un centro di formazione dedicato al settore agroalimentare”: si tratta del progetto che Eni ha avviato nel paese maghrebino nel 2020.