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Piano gas dell’Italia, Cingolani: “Inverno sicuro, niente razionamenti”

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Il titolare del MiTE fa il punto sul piano gas dell’Italia in vista della stagione con consumi più alti

(Rinnovabili.it) – Gli italiani possono stare tranquilli per l’inverno. Gli stoccaggi gas vanno bene, siamo “in linea per riempirli del 90% entro fine ottobre”, e lo spettro del razionamento si allontana. Non del tutto, certo. Ma i tagli, se ci saranno in caso di emergenza vera, non dovrebbero essere drastici. Anche se la Russia decide di chiudere i rubinetti, “al massimo avremo un piccolo deficit a marzo”. E niente sforzi extra: la riduzione dei consumi già preventivata assorbe le decisioni dell’Europa con il Piano d’emergenza sul gas approvato il 26 luglio e con il piano Repower Eu di maggio. Intanto il governo ha lavorato bene per blindare la sicurezza energetica nazionale, quindi l’uscita dal tunnel della dipendenza energetica da Mosca la vedremo già nella seconda metà del 2024. Lo ha detto il ministro della Transizione Energetica, Roberto Cingolani, facendo il punto con la stampa sul piano gas dell’Italia.

Come procede il piano di diversificazione dell’Italia

Fin dalla fine di febbraio, pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il governo si è mosso per garantire forniture alternative a quelle di Mosca, che all’epoca pesavano per il 38% dell’import italiano di gas ovvero 29 miliardi di metri cubi (bcm).

Tirando le somme, dal secondo semestre del 2022, il piano gas dell’Italia potrà contare su forniture aggiuntive di gas via pipeline per circa 7,5 bcm. Il grosso è gas acquistato dall’Algeria: in tutto sono 6 bcm disponibili subito, cifra che include i 4 bcm addizionali al centro dell’accordo tra Roma e Algeri della settimana scorsa. A questi volumi si aggiungono 1,5 bcm che arrivano via TAP dall’Azerbaijan, portando a sostanziale saturazione il gasdotto. (Nel frattempo, l’UE si è impegnata con Baku a raddoppiare la capacità della pipeline da 10 a 20 bcm l’anno).

Secondo le previsioni del MiTE, le nuove forniture saliranno poi a 8,9 bcm nel 2023 e poi, a regime, fino a 12 bcm nel 2024 e 2025. Cifre che comprendono un aumento, contenuto, anche della produzione nazionale (invertendo il trend degli ultimi due decenni che ha portato il gas italiano dal 20 al 3% del totale).

Altri metri cubi di gas dovrebbero poi arrivare come gas naturale liquido (Gnl) ai 3 rigassificatori italiani (in attesa che entrino in funzione le due nuove FRSU a Piombino e Ravenna). Soprattutto dagli altri contratti stipulati dall’esecutivo in questi mesi, appoggiandosi agli investimenti di Eni. Si tratta quindi del gas che arriverà da Repubblica del Congo (Brazzaville), Angola, Qatar ed Egitto, e per il secondo semestre 2022 fa salire il totale delle nuove forniture di altri 1,5 bcm. Sommando a questi altri contratti ancora in discussione tra l’Italia e Nigeria, Mozambico, Libia e Indonesia, il totale delle forniture aggiuntive di Gnl all’Italia dovrebbe salire a circa 8 bcm nel 2023, 9,5 bcm nel 2024 e 12,7 nel 2025.

Nel complesso, si arriva così a 21,5 bcm nel 2024 e a quasi 25 bcm nel 2025. Quest’ultimo dato è quello fissato dal MiTE come target finale per sostituire i 29 bcm di gas russo perché tiene conto del risparmio sui consumi di gas che arriveranno nei prossimi anni. Resta invece meno chiara la situazione nel 2023, quando l’Italia, secondo i numeri dati da Cingolani, potrebbe contare solo su 17 bcm di gas, con un ammanco di 12 bcm sulle forniture russe.

La riduzione dei consumi nel Piano gas dell’Italia

I dubbi sulla sostenibilità del piano gas dell’Italia nel prossimo anno sembrano leciti anche dopo aver computato i risparmi attesi sui consumi di gas. Secondo Cingolani, le misure predisposte dal governo dovrebbero ridurre la domanda di gas già di 2,6 bcm quest’anno, poi di 7 bcm nel 2023, di oltre 7 bcm nel 2024 e tra 10 e 11 bcm nel 2025. Questo significa che nel 2023, supponendo lo stop totale delle forniture dalla Russia (-29 bcm), al netto del risparmio, mancherebbero ancora circa 5 bcm di gas perché le importazioni coprano i consumi attesi. Con i ritmi di importazione tenuti a giugno, invece, pur con flussi da Mosca inferiori del 70% rispetto alla norma il fabbisogno italiano sarebbe coperto.

Il momento in cui la curva delle forniture aggiuntive incrocia e supera quella del gas russo da sostituire, infatti, è nel 2024, nel secondo semestre. “Le nuove forniture di gas richiederanno tempo per andare progressivamente a regime. Tuttavia nel breve termine (2022 e 2023) la riduzione dell’offerta dalla Russia è compensata dalle nuove forniture algerine e non c’è necessità di misure di contenimento drastico della domanda da parte del settore industriale”, sostiene invece Cingolani.

In ogni caso, nel breve termine resta lo stato di pre-allerta, anche guardando all’inverno prossimo non c’è motivo di fare il passaggio allo stato di allarme. Il piano di risparmio “non è particolarmente pesante”. “Accorciando il periodo di riscaldamento di 2 settimane e abbassando la temperatura di 1 grado si risparmierebbero 2,5 mld m3”, continua Cingolani, aggiungendo poi l’apporto di nuova capacità rinnovabile installata, biometano, l’estensione alle centrali a carbone che porta un risparmio gas di circa 2 bcm annui. Per inciso, se installassimo 8GW rinnovabili in più ogni anno (che valgono 2,5 bcm di gas in meno), compenseremmo ampiamente il risparmio di gas che deriva dal tenere accese le centrali a carbone che dovrebbero chiudere. Il pacchetto risparmio gas non prevede misure di razionamento del gas per usi industriali.

Numeri che bastano per rispondere alle nuove richieste dell’Europa contenute nel Piano d’emergenza sul gas approvato in settimana. Invece del taglio del 15%, ribadisce Cingolani, l’Italia dovrà tagliare solo del 7% i consumi. Contando la riduzione non sui consumi totali ma su una quota pari a 55 bcm. Il totale da tagliare quindi è di 4 bcm. “Nel nuovo regolamento europeo è stato stabilito che i programmi di risparmio precedenti al regolamento vengono computati al 100%”, e in più il piano “ha valutato le differenze di energy mix e di interconnessione: differenza tra stoccaggi programmati e stoccaggi reali; riduzione dell’imponibile su cui calcolare il 15% nel caso di Paesi che esportino meno del 50%; cessione di gas possibile solo se non pregiudica la produzione di elettricità”. (lm)

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