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Piano di Transizione Ecologica: 72% di rinnovabili al 2030

piano di transizione ecologica
Credits: MiTE

Rinnovabili, economia circolare e natura: i pilastri del Piano di transizione ecologica

(Rinnovabili.it) – Sono tre le strade su cui incanalare la decarbonizzazione italiana nei prossimi 5 anni: una riduzione delle emissioni dirette, un taglio di quelle indirette e una riduzione “passiva”. A spiegarlo è il ministro Roberto Cingolani che ieri ha presentato alle commissioni Ambiente del Parlamento la proposta del Piano di transizione ecologica. Il documento è stato redatto all’indomani della presentazione del pacchetto Fit for 55 della Commissione europea, con l’obiettivo di definire una serie di obiettivi nazionali in linea con i nuovi target UE.

“Il messaggio principale che stiamo cercando di attuare – ha osservato il ministro – è lo sviluppo di una strategia integrata che ci porti alla decarbonizzazione”. Come? Agendo sui tre fronti sopracitati. Innanzitutto riducendo la CO2 dalla produzione energetica, dell’industria manifatturiera e dei trasporti. Quindi evitando nuove emissioni attraverso l’economia circolare che sfrutta i rifiuti come materie prime seconde. E attraverso una riduzione passiva, focalizzata sul ripristino degli ecosistemi.

Il ruolo dell’energia pulita

Uno dei punti caldi è costituto dunque dall’energia. Nella Proposta del piano per la transizione energetica  è stata inserita una “poderosa correzione del mix energetico con circa il 72% di energia elettricità da fonti rinnovabili al 2030″. Si parla in gran parte di eolico e fotovoltaico a terra, ma anche di rinnovabili offshore – comprese alcune idea per portare i pannelli solari delle dighe – di repowering degli impianti già esistenti. “Questo formidabile incremento che ci deve portare ad installare 60-70 GW di centrali elettriche rinnovabili entro il 2030 è il punto più inderogabile e improcrastinabile. Solo se riusciremo a mantenere il cronoprogramma su queste installazioni, sarà possibile far partire le altre grandi iniziative di decarbonizzazione”. Per intenderci, quelle connesse alla trasformazione della mobilità e alla produzione di idrogeno verde.

La lotta agli inquinanti nel piano per la transizione ecologica

Di pari passo il Governo sta lavorando per eliminare i cosiddetti SAD, i sussidi ambientalmente dannosi che oggi ammontano a circa 19 miliardi di euro. “Dobbiamo dare un segnale non ambiguo sul fatto che i SAD vanno rimossi […] ma senza creare scompensi sociali che sarebbero in questo periodo duri per settori che hanno già subito il Covid”. Il tema, spiega Cingolani, va discusso ad livello più allargato, dal momento che coinvolge anche altri Paesi UE, agganciandolo a questioni come l’ETS europeo, l’Effort Sharing Regulation e la carbon tax di frontiera.

Nella Proposta di Piano di transizione ecologica sono descritte anche alcune azioni per la riduzione dell’inquinamento atmosferico, dalla rinaturalizzazione del bacino del Po, alle tecnologie di riscaldamento, passando per le misure di efficientamento energetico.

Biometano e fotovoltaico per le aziende agricole

Nel pilastro della riduzione indiretta delle emissioni si inserisce invece il tema dell’economia circolare e del “grossissimo sforzo per circolarizzare il patrimonio dell’agricoltura italiana”. “Oggi – afferma il numero uno del MiTE – c’è stata una riunione con Confagricoltura e vedremo Coldiretti nei prossimi giorni. Sono in corso interlocuzioni con il ministero delle Politiche agricole sul fatto che con opportune metodologie si può aumentare l’efficienza energetica delle nostre aziende agricole: con il fotovoltaico sui tetti e la rimozione dell’amianto, il fotovoltaico verticale, la circolarizzazione delle biomasse leggere e delle deiezioni animali per fare biogas ed eventualmente biometano, incentivando la sostituzione di mezzi agricoli che vanno con vecchi carburanti”.

La natura nel Piano di Transizione Ecologica

Un capitolo fondamentale del Piano di transizione ecologica è, infine dedicato al ripristino e al rafforzamento della biodiversità, con l’aumento dei parchi e delle aree marine protette, l’investimento sulla digitalizzazione per la protezione e il controllo e il miglioramento delle procedure amministrative.

Inoltre, “dei 18 miliardi che riguardano la parte biodiversità, natura, ambiente, territorio, oltre 4 miliardi sono per l’acqua. Oggi abbiamo oltre il 40% di perdite idriche su una rete di 24 mila chilometri, in particolare concentrate su 15 mila chilometri di acquedotti. C’è da ottimizzare l’irrigazione dei suoli agricoli nelle grandi pianure. Abbiamo previsto la creazione di invasi che diventino riserve idriche per i periodi di siccità”.

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