Un rapporto di Environmental European Bureau spiega, dati alla mano, che crescita delle rinnovabili, riduzione della domanda di energia e una combinazione di opzioni per rendere più flessibile la rete (tra interconnessioni e stoccaggio) bastano per raggiungere la neutralità climatica 10 anni prima e avere un sistema energetico sostenibile. Anche se si toglie il nucleare dall’equazione
Anche la Francia può dire addio all’atomo entro 15 anni
(Rinnovabili.it) – L’Europa non ha bisogno di nuove centrali nucleari e nemmeno di prolungare la vita di quelle in funzione oggi. Rinnovabili, riduzioni dei consumi energetici e più flessibilità grazie a stoccaggio, interconnessioni e misure sul lato della domanda bastano per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione senza l’atomo. Premesse sufficienti per pianificare il phase out del nucleare UE in sicurezza, abbandonando la retorica dell’atomo come soluzione necessaria e superando i rischi legati alle incertezze sui tempi e i costi della costruzione di nuovi impianti e delle tecnologie nucleari di ultima generazione.
La crescita delle rinnovabili e il calo della domanda energetica in Europa rendono il ruolo del nucleare “ridondante”, spiega Cosimo Tansini di European Environmental Bureau (EEB), che ha rilasciato oggi il rapporto Nuclear Phase-out How renewables, energy savings and flexibility can replace nuclear in Europe. “Prendiamo la Spagna, dove l’impennata dell’energia eolica, solare e idroelettrica ha fatto scendere i prezzi dell’elettricità e costretto le società energetiche a fermare il nucleare per evitare perdite finanziarie”, illustra Tansini. In condizioni di scarso vento e luce solare, continua Tansini, le soluzioni disponibili per dare flessibilità alla rete “sono in una posizione migliore rispetto al nucleare per integrare il mix energetico”. Senza contare che “l’aumento dei costi di manutenzione, della catena del combustibile e dello smantellamento incoraggerà ulteriormente il ritiro anticipato delle centrali nucleari”.
Pianificare il phase out del nucleare in UE
L’addio all’atomo è possibile in uno scenario ambizioso come quello PAC – Paris Agreement Compatible sviluppato da EEB e Climate Action Network (CAN) Europe, che prevede la neutralità climatica già nel 2040 con un mix energetico al 100% composto dalle rinnovabili.
Tre gli assunti di questo scenario dal lato dell’offerta delle rinnovabili. Una forte riduzione della domanda energetica, raggiunta grazie a misure per l’efficienza e la sufficienza energetica (la riduzione deliberata, e ben calibrata, della domanda di energia) e resa sostenibile dalla gestione ottimizzata della domanda e da più flessibilità. Una rapida diffusione delle energie rinnovabili, i cui costi di produzione energetica “sono inferiori a quelli dei combustibili fossili e dell’energia nucleare” e “il cui potenziale di decarbonizzazione è maggiore”. Un mix di opzioni di flessibilità tra connessioni transfrontaliere e storage, che “superano il nucleare in termini di efficienza dei costi e sicurezza dell’approvvigionamento anche quando la produzione di energie rinnovabili fluttua”.
Dall’altro lato, i tentennamenti e gli intoppi sulla via che dovrebbe riportare il nucleare al centro della strategia energetica europea. La quota del nucleare nel mix europeo è piccola, solo 12 dei Ventisette sono paesi produttori, e l’atomo rappresenta il 10% del loro consumo energetico finale combinato. La flotta nucleare, inoltre, invecchia, con tutti gli impianti tranne 2 che risalgono a prima del 2000 e quindi dovrebbero essere spenti al più tardi intorno al 2030. La durata di vita si aggira sui 40 anni, l’età media dei 100 reattori in funzione in UE è 37 anni. Un declino che si riflette nella generazione da nucleare in calo da 20 anni in UE, dagli 860 TWh nel 2000 ai 619 TWh nel 2023. Non meno importante, il capitolo costi: secondo EEB, l’aumento dei costi di manutenzione, quelli per il combustibile e per lo smantellamento “dovrebbero incentivare la chiusura anticipata” degli impianti.
Sarebbe una transizione sostenibile?
Fattibile, quindi, il phase out del nucleare UE? Il rapporto analizza la traiettoria della transizione nei 12 paesi UE che ospitano oggi centrali nucleari e conclude che per tutti la quota di generazione dall’atomo può scendere a zero entro il 2040 in modo sostenibile, con la sola eccezione della Francia – che ospita 56 reattori su 100 – dove la quota del nucleare nei consumi energetici finali resterebbe comunque appena sopra il 3%.
Nello scenario PAC, il consumo finale di energia si riduce di oltre il 25% tra il 2022 e il 2030 (da 4951 a 3894 TWh), mentre il contributo delle rinnovabili più che raddoppia nello stesso periodo. Un aumento molto maggiore della riduzione della produzione di energia nucleare, che sarebbe ulteriormente stimolato dal parallelo phase out delle fossili (-2000 TWh). Anche se si toglie il nucleare dall’equazione, quindi, la traiettoria – e la fattibilità – di una transizione verso 100% rinnovabili non cambia in modo significativo.
La produzione di energia rinnovabile aumenta di molto di più (1547 TWh) di quanto sarebbe necessario per compensare il calo della produzione nucleare (-500 TWh) tra il 2022 e il 2040, sottolinea EEB, mentre la stessa riduzione della domanda di energia (1974 TWh) è quasi sei volte superiore a quella necessaria per compensare la minore produzione nucleare.
“Anche in Francia, il paese con la maggiore capacità di energia nucleare nell’UE, la produzione nucleare totale nel 2023 (320 TWh) è meno della metà della riduzione della domanda di energia prevista dallo scenario PAC (642 TWh) tra il 2022 e il 2040”, specifica il rapporto.