Rinnovabili • Centrali a carbone: all’estero, la Cina ha infranto le promesse Rinnovabili • Centrali a carbone: all’estero, la Cina ha infranto le promesse

Phase out del carbone, solo il 5% di probabilità di completarlo prima del 2050

Usando il primo simulatore di policy making nel mondo reale per ridurre l’incertezza dei fattori politici nelle previsioni, il Potsdam-Institute for Climate Impact Research fa emergere le storture delle iniziative per il phase out

Centrali a carbone: all’estero, la Cina ha infranto le promesse
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Lo studio del PIK sulle politiche per dire davvero addio al carbone

(Rinnovabili.it) – Con le politiche attuali, c’è meno del 5% di probabilità di dire addio al carbone prima del 2050. E quindi di riuscire a tenere il riscaldamento globale sotto i livelli fissati dal Paris Agreement. Il problema? Fatta la promessa, si trova anche la scappatoia. È quello che sta succedendo ai paesi che fanno parte della Powering Past Coal Alliance, l’iniziativa per promuovere il phase out del carbone dal settore energetico lanciata durante la Cop23, nel 2017. Lo sostiene uno studio del Potsdam-Institute for Climate Impact Research (PIK) appena apparso su Nature Climate Change.

Simulare le decisioni politiche per capire il phase out del carbone

Per indagare l’efficacia dell’iniziativa, che riunisce 166 tra Stati, regioni, città e altri enti (Italia inclusa), gli scienziati del PIK si sono serviti della prima simulazione di policy making nel mondo reale, Dynamic Policy Evaluation. Uno strumento che aiuta a ridurre l’incertezza di natura politica nelle previsioni sulle emissioni.

“Siamo stati in grado di determinare che gli impegni per l’uscita dal carbone spesso dipendono da alcune precondizioni nazionali, il che ci ha permesso di eliminare parte dell’incertezza sull’impatto delle emissioni. Il nostro nuovo approccio è quindi il primo a simulare in modo coerente l’adozione di politiche in scenari futuri, in linea anche con i dati storici”, spiega Jessica Jewell, co-autrice dello studio.

Servono politiche ad ampio spettro

Il problema principale è che l’iniziativa impegna i paesi solo a ripulire il mix elettrico dal carbone. Con il rischio che l’eccesso di carbone finisca in altri settori dell’economia, come la produzione di acciaio, cemento o nel settore chimico. La simulazione del PIK, infatti, mostra che questo rischio di leakage resta molto alto, soprattutto tra membri dell’iniziativa, se le politiche sul phase out del carbone restano limitate al settore elettrico.

“Le industrie non regolamentate possono approfittare del calo dei prezzi del carbone in patria e utilizzare più carbone di quanto farebbero altrimenti”, spiega il coautore dello studio Nico Bauer. Che sottolinea le policy più efficaci per evitare questo scenario. “La tariffazione del carbonio sarebbe lo strumento più efficace per colmare le lacune delle normative nazionali, mentre le restrizioni all’estrazione e all’esportazione del carbone sarebbero lo strumento più efficace per scoraggiare il parassitismo all’estero”, continua Bauer.