Il governo Scholtz ha promesso di chiudere tutti gli impianti a carbone entro questo decennio
(Rinnovabili.it) – Alla Germania serve energia “disponibile e a buon prezzo”. Quindi finché non c’è certezza in merito le centrali a carbone devono continuare a lavorare. Anche a costo di cestinare il piano per il phase out del carbone entro il 2030. Posticipandolo di qualche tempo. Lo ha affermato Christian Lindner, leader dei liberal-democratici, la terza gamba del governo di Berlino, e attualmente ministro delle Finanze.
Nuove tensioni sul phase out del carbone al 2030
“Questa data non ha comunque alcun effetto sul clima, perché le emissioni di CO2 risparmiate in Germania possono accumularsi anche in Polonia, ad esempio, a causa delle norme europee”, ha affermato Lindner in un’intervista al quotidiano Kölner Stadt-Anzeiger. “Finché non sarà chiaro se l’energia sia disponibile e conveniente, dovremmo porre fine al sogno di eliminare gradualmente l’energia alimentata a carbone nel 2030”, ha aggiunto.
Il leader liberal-democratico si riferisce alle disfunzioni del sistema tedesco nel cancellare i certificati per i crediti di carbonio contestualmente alla chiusura delle centrali a carbone. Il sistema usato da Berlino lascia i certificati in circolazione per molto tempo nel mercato del carbonio europeo (ETS UE), così che possono essere acquistati da altri stati. Prolungando la vita degli impianti energetici più inquinanti fuori dai confini tedeschi. Su questo sfondo il ragionamento di Lindner suggerisce che, se tanto le emissioni saranno generate, allora tanto vale farlo in Germania, a beneficio delle bollette e dell’industria tedesche.
Ma questa posizione può far barcollare l’esecutivo che i liberal-democratici sostengono insieme a socialisti dell’SPD e ai Verdi. L’accordo di coalizione su cui si basa il governo, infatti, prevede di anticipare il phase out del carbone di 8 anni, dal 2038 al 2030, rispetto alla data negoziata con l’industria dal governo precedente guidato da Angela Merkel. Negoziati che prevedono ricchi “paracaduti” alle compagnie energetiche che gestiscono gli impianti a carbone, a partire da RWE.
Dallo scoppio della guerra in Ucraina, Berlino ha prolungato la durata d’esercizio per alcuni suoi impianti a carbone, ritardandone la chiusura per garantirsi più margini in una fase in cui i prezzi del gas erano saliti alle stelle, c’erano ancora molte incertezze sulla capacità della Germania di riuscire a diversificare in fretta dal gas russo, e si stava procedendo alla chiusura definitiva delle centrali nucleari. Secondo un rapporto dell’Agenzia federale per le reti elettriche, il gas, le telecomunicazioni, le poste e le ferrovie (BNetzA) pubblicato lo scorso febbraio, però, nonostante la guerra in Ucraina e la crisi energetica, la fornitura tedesca di elettricità sarebbe blindata in ogni scenario fino al 2031, anche chiudendo tutte le centrali a carbone.