Si moltiplicano gli appelli affinché il governo federale riveda la data di abbandono della fonte fossile, dopo che il 30 aprile la corte costituzionale ha obbligato Berlino a politiche climatiche più ambiziose e l’esecutivo ha aumentato di 10 punti percentuali il target di riduzione delle emissioni al 2030, alzandolo al 65% rispetto ai livelli del 1990
Il phase out del carbone tedesco è fissato al 2038
(Rinnovabili.it) – Di riaprire la partita sul phase out del carbone, Angela Merkel non vuol nemmeno sentire parlare. In questi ultimi mesi da Cancelliera, ‘Mutti’ ha già dovuto riprendere in mano la politica climatica della Germania e riscriverla da cima a fondo. Ma l’industria e l’indotto hanno bisogno di potersi fidare delle istituzioni, spiega Merkel: non si può cambiare tutto dopo appena un anno dall’accordo.
La posizione del governo di Berlino sbatte la porta in faccia a chi, dopo la storica sentenza che ha obbligato la Germania ad aumentare la sua ambizione climatica, chiedeva che venisse anticipata anche la data di phase out del carbone.
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Il 30 aprile la Corte costituzionale tedesca aveva dato ragione ad alcuni giovani attivisti per il clima, appoggiati dal movimento dei Fridays for Future e da ong come la rete europea di Friends of the Earth. La politica climatica di Berlino non tutelava abbastanza i diritti delle nuove generazioni, e andava modificata. Invito che il governo federale tedesco ha raccolto in tempo record. Il 5 maggio ha fissato nuovi obiettivi: abbattere la CO2 del 65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, aumentando l’obiettivo precedente di 10 punti percentuali. E l’obiettivo per il 2040 è di raggiungere una riduzione dell’88%, tutto sommato in linea con la forchetta fissata in precedenza (85-90%).
La revisione dei piani per il clima aveva fatto balenare qualche speranza anche sul carbone. Dopo un negoziato molto lungo e a tratti aspro, Berlino è riuscito a fissare la data per il phase out al 2038. Un compromesso che Merkel è riuscita a raggiungere piegando le resistenze di un’industria ancora così centrale nell’economia (e nella politica) tedesca come quella carbonifera.
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“Le persone colpite hanno bisogno di una certa affidabilità nel percorso verso la neutralità climatica. Non lo voglio scompaginare di nuovo dopo un anno”. Così la cancelliera ha motivato il suo no a riaprire il dossier. Evidentemente, l’accordo con l’industria è stato raggiunto anche a fronte di garanzie che la data non sarebbe stata anticipata, nonostante la congiuntura politica internazionale stia portando verso un aumento generale dell’ambizione climatica.
Tutto questo mentre Greenpeace e il think tank Ember tornano all’assalto del piano per il phase out del carbone. Criticando il modo in cui sono state calcolate le compensazioni per l’industria. Secondo i due enti, il governo – che ha mantenuta segreta la formula con cui ha calcolato l’importo – avrebbe usato dei parametri sballati: alle industrie spetterebbero poco meno di 350 milioni di euro, invece dei 4,4 miliardi accordati dal piano.