A regime, la produzione di petrolio in Uganda dovrebbe arrivare a 230mila barili al giorno
(Rinnovabili.it) – Per riempire le sue casse con 2 miliardi di dollari, l’Uganda ha scelto di riempire di pozzi petroliferi il Murchison Falls National Park, l’area protetta più vasta del paese, costruire una raffineria sulle sponde del lago Albert e costruire 1.400 km di oleodotto fino al porto di Tanga, in Tanzania. Anche se finora di petrolio in Uganda non se ne è mai estratto: il paese non produce neppure un barile di greggio. E le alternative energetiche non mancherebbero.
Strada spianata alla produzione di petrolio in Uganda
Ieri il governo ugandese ha annunciato il via al primo programma di perforazione nel giacimento di Kingfisher, nel distretto di Kikuube. È il primo passo verso lo sfruttamento commerciale del petrolio in Uganda. Un punto di non ritorno per un progetto più che controverso che Kampala accarezza da 20 anni, quando le sue riserve di greggio -intatte- sono state stimate in 1,4 miliardi di barili.
“Avviate ufficialmente le attività di perforazione petrolifera nell’area di sviluppo di Kingfisher, nel distretto di Kikuube, con la messa in funzione dell’impianto di perforazione Kingfisher per tutti i 31 pozzi petroliferi, compreso il pozzo più profondo, a oltre sette chilometri di profondità”, ha scritto su Twitter il presidente Yoweri Museveni, promettendo che il primo barile commerciabile sarà pronto nel 2025.
E festeggia lo sfruttamento delle risorse di idrocarburi senza mettere alcuna data di scadenza: “il governo si è impegnato a utilizzare con attenzione le risorse petrolifere e di petrolio per molto tempo, ora che l’Uganda ha capacità e competenze”.
Kingfisher fa parte di un maxi progetto di sfruttamento del petrolio in Uganda da 10 miliardi di dollari lanciato dalla francese Total e della CNOOC cinese. A regime il singolo giacimento dovrebbe produrre 40mila barili di greggio al giorno, circa il 20% di quello che potrà essere inviato per l’export verso la Tanzania.
Il progetto infatti prevede di estrarre il petrolio sotto il lago Albert per destinarlo principalmente all’esportazione dal terminale sull’oceano Indiano. Costruendo ex novo un oleodotto lungo 1.433 km, l’Eacop. Secondo le stime dell’Unione Europea, la realizzazione dell’intero progetto mette 100mila persone rischio di essere sfollate per fare spazio alle infrastrutture petrolifere.