Il club di paesi che si impegnano con azioni concrete contro le motoseghe è passato da 140 a 25 membri appena si è trattato di andare oltre le sole frasi di rito e le promesse vaghe. Gli aderenti coprono un terzo delle foreste globali
Mancano Brasile e Congo dal patto sulla deforestazione annunciato ieri a Sharm
(Rinnovabili.it) – Un anno fa a Glasgow 140 paesi avevano promesso di eliminare del tutto la deforestazione entro il 2030. Alla COP27 di Sharm si doveva passare dalle promesse all’azione concreta e la pattuglia di volenterosi si è sfoltita parecchio. A sfilarsi sono soprattutto due “pesi massimi” come Brasile e Congo, che ospitano sui loro territori quasi metà delle foreste tropicali del pianeta. Così il patto sulla deforestazione, formalmente Forest and Climate Leaders’ Partnership, incespica già nel primo giorno di lavori al summit sul clima in Egitto.
Il gruppo lanciato ieri conta appena 25 membri e, dei tre grandi paesi con foreste tropicali al mondo, include solo l’Indonesia. In tutto, il gruppo rappresenta circa 1/3 delle foreste globali. L’assenza del Brasile è significativa ma, va detto, molto potrebbe cambiare a gennaio quando entrerà in carica Lula, il presidente rieletto il mese scorso che ha promesso di ridurre la deforestazione e invertire la rotta rispetto agli anni di Bolsonaro. Il governo del Congo invece ha lanciato da poco delle aste per lo sfruttamento di fossili in aree di foresta tropicale e torbiere tra le più preziose dal punto di vista climatico. E non sembra intenzionato a rispettare i già deboli standard fissati dal nuovo gruppo.
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Come funziona infatti il patto sulla deforestazione? L’idea è di creare un club di paesi che controllino a vicenda le rispettive politiche sul disboscamento. Ma non esistono vincoli né paletti né obiettivi specifici se non quello, generalissimo, di invertire il trend di deforestazione entro 7 anni e qualche mese. Vengono individuate solo delle aree di intervento possibili, con gli aderenti che si impegnano a guidare il cambiamento con il loro esempio in almeno uno. La maggior parte degli ambiti riguarda aspetti finanziari, a cui si aggiungono il supporto a iniziative delle comunità indigene e incentivi e partnership per preservare le foreste primigenie. Il “club della deforestazione” dovrebbe poi riunirsi ogni anno per fare il punto sullo stato di avanzamento dei lavori e i loro effetti sul clima.
Nell’ultimo anno non è stato fatto molto. Di nuova finanza per combattere la deforestazione se n’è vista poca (la Germania ha appena annunciato di voler raddoppiare la sua parte) e il tasso annuale riduzione del disboscamento è stato del 6,3% mentre servirebbe almeno il 10% per raggiungere il target al 2030.
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