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Oro illegale dall’Amazzonia a Big Tech, sotto accusa anche un’azienda italiana

Sfruttamento dell’Amazzonia: la corsa all’oro cancellerebbe 100mila km2
via depositphotos.com

Con Bolsonaro, l’estrazione di oro illegale in Brasile è aumentata

(Rinnovabili.it) – Ci sarebbe dell’oro illegale proveniente dall’Amazzonia nei prodotti venduti da Amazon, Google, Microsoft e Apple. Che arriva da due fornitori, uno brasiliano e uno italiano. Si tratterebbe di Brazilian Marsam e della Chimet, un’azienda che si occupa di recupero e affinazione di metalli preziosi da materiali industriali di scarto. È questa l’ipotesi su cui sta lavorando la polizia federale brasiliana.

Lo rivela l’agenzia Reuters sulla base di documenti della polizia del paese sudamericano di cui è entrata in possesso attraverso Reporter Brasil. Secondo gli ufficiali brasiliani, nel 2020 e 2021 la Chimet avrebbe acquistato oro illegale per milioni di dollari da un rivenditore locale, CHM do Brasil. Che lo avrebbe ottenuto dalle miniere clandestine nel bacino dell’Amazzonia, in particolare quelle sulle terre indigene di Kayapò. Secondo la legge del paese, qualsiasi attività di estrazione mineraria su terre indigene è illegale.

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“Sebbene gli organi investigativi brasiliani abbiano le prove che Chimet e Marsam abbiano acquistato indirettamente oro estratto illegalmente da alcuni di questi territori, i due affinatori sono certificati e considerati “idonei” alla vendita negli Stati Uniti e in Europa, spiega Reporter Brasil.

Non ci sono stati controlli sufficienti a monte? Secondo la testata brasiliana, il nodo chiave è l’organismo che certifica la provenienza del metallo. Nel caso di Chimet è l’LBMA (The London Bullion Market Association), mentre per Marsam è l’RMI (Responsible Minerals Initiative). “Uno dei problemi è che, nonostante gli episodi di violenza provocati dalle miniere illegali in Amazzonia, queste organizzazioni non considerano il Brasile una “zona a rischio”, spiega Reporter Brasil.

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Nel caso di Chimet, l’acquisto di oro illegale sarebbe avvenuto tramite due italiani, Giacomo Dogi e il padre Mauro Dogi, residenti in Brasile e proprietari della CHM do Brasil. Il primo è stato arrestato dalla polizia brasiliana lo scorso ottobre, il secondo è indagato per partecipazione a un’organizzazione criminale che si occupa di estrarre clandestinamente l’oro da Kayapò.

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