Non c’è sinergia tra gli obiettivi del Piano, il suo stesso impianto, e gli altri provvedimenti in materia approvati di recente o in corso di approvazione. Specialmente sul fronte delle rinnovabili. E il PNIEC continua a mettere sullo stesso piano soluzioni contraddittorie, senza tenere l’elettrificazione al centro
Il think tank ECCO boccia gli obiettivi del PNIEC 2024 dell’Italia
Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima definitivo, inviato dall’Italia il 1° luglio, non ha un impianto attuativo coerente, fallisce sull’abbandono delle fossili, dà poco supporto all’industria nel percorso di decarbonizzazione, non mette al centro l’elettrificazione. Se l’orientamento del governo Meloni, come dichiarato presentando la prima bozza (luglio 2023), era di mettere in campo un approccio realistico, di quella auspicata concretezza “non resta molto”. Emergono invece “contraddizioni” tra gli obiettivi PNIEC 2024 e l’impianto stesso del Piano. È il giudizio, netto e decisamente negativo, che il think tank ECCO dà della strategia per la transizione del Belpaese con orizzonte 2030.
Obiettivi PNIEC 2024 sulle rinnovabili, la pagella di ECCO
La bocciatura è su tutta la linea. A partire dagli obiettivi PNIEC 2024 sulle rinnovabili. Il Piano prevede per fine decennio 61 GW aggiuntivi (131 GW rinnovabili totali) rispetto alla capacità installata a maggio 2024, con una copertura del 69% della produzione lorda di energia elettrica. Ma questi numeri segnalano “una mancanza di coerenza” con quelli sulla decarbonizzazione del sistema elettrico al 2035. Punto su cui l’Italia si è impegnata nella cornice del G7. Secondo ECCO, questo obiettivo al 2035 richiede una potenza rinnovabile di 148 GW al 2030 con una quota del 75% sulla produzione elettrica lorda.
Il quadro peggiora se si considerano le incertezze che ancora insistono nel contesto normativo, nonostante i provvedimenti più recenti in materia. Il Decreto FER X è ancora in fase di definizione e “manca di chiarezza sia sul prezzo di esercizio sia sul contingente finale che verrà incentivato”. Se il MASE si orienterà verso un quantitativo di 50 GW, questo “dovrebbe essere complementare con altri meccanismi di incentivazione, alcuni dei quali, però, non individuano precisi volumi da realizzare (per esempio il cosiddetto energy release)”. Manca, quindi, quel coordinamento tra le policy sulle rinnovabili che le renderebbe davvero credibili.
Una riprova di ciò arriva dalle contraddizioni dei decreti recentemente discussi e pubblicati. A partire dal Decreto Aree Idonee, che per come è stato strutturato “non aiuta il processo autorizzativo, non riduce la discrezionalità delle Regioni e non introduce criteri affidabili a livello nazionale”. Oltre a introdurre elementi critici come il limite massimo di 7 km dai beni culturali con cui una regione può individuare le aree non idonee, e le mancate garanzie per i progetti già in corso.
Anche il Dl Agricoltura, limitando il fotovoltaico a terra, mette a rischio gli obiettivi PNIEC 2024 per fine decennio e ostacola l’installazione di impianti utility-scale. Il Decreto FER II è uno sviluppo positivo, sottolinea ECCO, ma “non è chiaro” come la potenza totale da incentivare (4,6 GW entro fine 2028) “si colleghi con le restanti misure al raggiungimento degli obiettivi”.
Gli altri punti deboli del PNIEC dell’Italia
I problemi non sono limitati alle FER. Gli obiettivi PNIEC 2024 non individuano strategie per l’abbandono delle fonti fossili, come richiesto dalla COP28, né “piani, politiche e azioni nazionali per l’uscita dai combustibili fossili” come concordato in sede G7 a Venaria pochi mesi fa. L’elettrificazione “non è individuata come leva per la decarbonizzazione” e il Piano continua a mettere sullo stesso livello “soluzioni non allineate con gli obiettivi con quelle più efficienti dal punto di vista energetico ed emissivo”. Si promuovono, ad esempio, le pompe di calore a gas e i motori endotermici nei trasporti.
Ancora, “non c’è un piano per garantire la sostenibilità sociale di fronte ai grandi cambiamenti tecnologici e di mercato che investiranno le persone e le imprese”, denuncia ECCO. Il PNIEC dell’Italia non offre “le tutele necessarie e opportunità alternative” per accompagnare le varie fasce della società nell’uscita dall’economia fossile.