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Tutti vogliono smontare il Green Deal. Ma 4 obiettivi su 5 sono già fuori strada

Obiettivi Green Deal: solo 1 su 5 è a portata di mano
via depositophotos.com

Solo il 21% degli obiettivi del Green Deal è sulla buona strada per essere raggiunto. Dei 154 obiettivi identificati analizzando le norme sulla transizione ecologica approvate negli ultimi 5 anni in Europa, sono appena 32 quelli “on track”.

Poco più di 4 obiettivi del Green Deal su 10 (il 41%, in tutto 64) registrano progressi positivi. Ma hanno bisogno di più input, di un’accelerazione, pena il mancato rispetto delle scadenze. E per 15 obiettivi, il 10% del totale, la situazione è più compromessa: o sono stagnanti, o direttamente in regressione. Per più di 1 obiettivo su 4 (il 28%), poi, mancano dati per valutare i progressi.

Luci e ombre degli obiettivi del Green Deal

Per quanto oggi il Green Deal sia sotto accusa da più parti, l’Europa deve ancora lavorare molto per tradurre in realtà il programma per la transizione ecologica del primo mandato di Ursula von der Leyen. È la valutazione complessiva fornita dal Joint Research Center (JRC), il centro di ricerca in-house della Commissione UE.

Tra gli aspetti che sono migliorati di più spicca la riduzione delle emissioni di gas serra, architrave della transizione. L’UE ha ridotto le sue emissioni nette del 32,5% rispetto al 1990. Anche se serve una accelerazione per raggiungere il -55% entro il 2030 stabilito dal “Fit for 55”.

D’altronde, molti degli indicatori che il JRC promuove con luce “verde” rivelano risultati meno lusinghieri di quanto non appaia a prima vista. Ad esempio, è molto positivo il risultato sullo sfruttamento delle risorse idriche. L’indice che lo fotografa, il WEI+, è migliorato del 14% dal 2011. Ma ci sono notevoli differenze tra i 27 paesi UE, con il Mediterraneo più indietro del resto dell’Europa. Proprio la regione dove i cambiamenti climatici influiranno di più, nei prossimi anni, sulla disponibilità d’acqua.

Tra gli obiettivi del Green Deal su cui l’Europa sta andando in direzione opposta emerge soprattutto il consumo di risorse (generali) e l’impronta ecologica. Il JRCnon registra alcun progresso nel ridurre l’impronta di consumo dell’UE o nell’aumentare il tasso di utilizzo circolare dei materiali. E l’uso delle risorse non è ancora disaccoppiato dalla crescita economica​.

Deficitario anche lo stato di conservazione degli habitat. Il 61% dei suoli europei è degradato e oltre il 75% degli habitat protetti si trova in uno stato di conservazione sfavorevole. E la tendenza in atto suggerisce un peggioramento rispetto al 2010​. Ancora, va male sul fronte dell’uso dei pesticidi più pericolosi. Sebbene l’uso e il rischio complessivo dei pesticidi chimici siano diminuiti del 14% tra il 2015-2017 e il 2020, il ricorso ai pesticidi più dannosi per ecosistemi e fauna è aumentato del 5% tra il 2020 e il 2021. Il target di riduzione del 50% entro il 2030 appare difficile da raggiungere, per dirla con un eufemismo​.

Su una traiettoria piatta e stagnante troviamo invece capitoli cruciali per la transizione ecologica, e oggi al centro del dibattito politico. Il principale è la transizione energetica nei trasporti. Il settore dei trasporti rappresenta ancora il 27% delle emissioni dell’UE. Per raggiungere la riduzione del 90% delle emissioni al 2050, è necessario un rapido aumento delle infrastrutture per carburanti alternativi. Ma oggi, a Bruxelles, si sta pensando di tirare il freno a mano e rimettere in discussione anche i capisaldi della transizione del settore. A partire dallo stop ai motori endotermici al 2035.

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