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Obiettivi climatici 2030, il PPE cede: sì a un taglio del 55% delle emissioni

Sugli obiettivi climatici 2030 l’UE si prepara ad una maggiore ambizione

(Rinnovabili.it) – Il partito popolare europeo (PPE) appoggia un taglio del 55% delle emissioni senza porre condizioni ulteriori. Si sblocca così la partita degli obiettivi climatici 2030 dopo molti mesi di incertezza. L’indiscrezione arriva dal parlamentare europeo tedesco Peter Liese, che ha anticipato parti del discorso sullo Stato dell’Unione che verrà tenuto la prossima settimana dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

La decisione dei popolari, il blocco con più voti a disposizione a Bruxelles, fa pendere definitivamente l’ago della bilancia verso l’adozione della soglia del 55%. Una mossa che nell’ultimo anno non è mai apparsa scontata. Anzi, in più occasioni il blocco guidato da Manfred Weber e Donald Tusk aveva ribadito di essere disposto ad accettare una percentuale superiore al 50% solo a due condizioni.

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La prima è che venisse svolta un’analisi costi-benefici. Il rapporto avrebbe dovuto sottoporre al parlamento una valutazione dei probabili danni climatici e degli investimenti necessari per ciascuno scenario. In buona sostanza, i popolari chiedevano motivazioni solide appoggiate da numeri per poter decidere. Una condizione che appariva necessaria per convincere anche gli esponenti dei paesi dell’est Europa, più riluttanti ad accettare obiettivi climatici 2030 ambiziosi. Stando a Liese, l’analisi (che non è stata ancora resa pubblica) indicherebbe che il rialzo è economicamente fattibile.

La seconda condizione posta dai popolari gettava invece uno sguardo al di là dei confini del continente: l’ok alla soglia del 55% sarebbe arrivato soltanto in presenza di impegni simili da parte di Cina e Stati Uniti. Questo paletto è stato invece tolto del tutto.

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Ad indirizzare su questi binari la definizione dei nuovi obiettivi climatici 2030 ha contribuito anche la posizione dei Verdi e dei socialdemocratici. Hanno appoggiato tagli delle emissioni ancora più alti, al 65% rispetto ai livelli del 1990. Una strategia che ha permesso, in sede di negoziato, di evitare che il compromesso finale fosse troppo al ribasso.

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