L’analisi di Greenpeace sulla proposta di target sul clima UE al 2040
(Rinnovabili.it) – Bruxelles crede di poter contrastare la crisi climatica con un “conteggio disonesto” dei tagli alle emissioni e qualche colpo di “bacchetta magica”. Cioè parlando di emissioni nette, invece di fissare target di riduzioni delle emissioni reali. E prevedendo un ruolo importante per le soluzioni che non riducono strutturalmente i gas serra. Una ricetta che sarà presentata domani, 6 febbraio, quando la Commissione svelerà gli obiettivi sul clima UE al 2040 insieme alla strategia per la CCS industriale.
Cosa non quadra negli obiettivi clima UE 2040?
L’accusa arriva da Greenpeace, che basa il giudizio sull’ultima bozza disponibile dei provvedimenti. In cui resta uguale il target principale, cioè una riduzione netta dei gas serra del 90% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2040. Soglia indicata come obiettivo minimo dall’Advisory Board sul Clima dell’UE, l’organo scientifico consultivo della Commissione in materia climatica, in un rapporto rilasciato lo scorso giugno e riconfermato, con più dettaglio, poche settimane fa.
A conti fatti, spiega Greenpeace, i tagli effettivi delle emissioni potrebbero non andare oltre l’82%. L’8% restante sarebbe coperto da soluzioni per la cattura e lo stoccaggio della CO2. Ma la proposta della Commissione non fissa degli obiettivi separati per le riduzioni e la cattura della CO2, avverte l’ong: si limita a indicare dei volumi assoluti di anidride carbonica catturati tramite CCS. Indicare target distinti impedirebbe che “i tentativi di eliminare il carbonio dall’aria – un processo lungo con risultati incerti – non siano usati come scusa per continuare a inquinare”.
Tanto più che il testo non prevede da nessuna parte delle date certe per l’addio graduale alle fonti fossili. In questo modo, Bruxelles sta lasciando campo aperto all’espansione di petrolio e gas e la sta rendendo “climaticamente presentabile” proprio grazie alla CCS. Il piano sugli obiettivi clima UE al 2040 “prevede ancora un ruolo per i combustibili fossili come parte della “transizione energetica”, insieme alla tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio”, sottolinea Greenpeace. E anche se “non specificano i volumi esatti”, i documenti trapelati “menzionano comunque esplicitamente l’uso del petrolio nei trasporti (stradali, marittimi e aerei) e del gas fossile nell’industria, nell’edilizia e nel settore energetico”.
In più, anche se la valutazione di impatto che accompagna la proposta indica alcune riduzioni necessarie nell’uso di gas fossile, la traiettoria indicata non è compatibile con la neutralità climatica al 2050, il target ufficiale di Bruxelles. C’è poi un problema con i settori in cui sarebbe impiegabile la CCS: non solo quelli hard to abate, ma anche il comparto energetico. Una scelta sbagliata per Greenpeace, che rischia di rallentare la transizione. Tanto più che “il settore energetico ha già abbandonato l’idea di utilizzare la cattura del carbonio, poiché altri modi per decarbonizzare sono più economici e più facili da implementare”.