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Nuovo, verde e inclusiva, il Piano Recovery di Legambiente per il Paese

Il Pnrr messo a punto individua 23 priorità di intervento, 63 progetti territoriali da finanziare e 5 riforme trasversali per accelerare la transizione ecologica e rendere l’Italia più moderna e sostenibile. Puntare su fotovoltaico, eolico, biometano, idrogeno verde, mobilità urbana, decarbonizzazione, e banda ultralarga. Sul versante opposto secco ‘no’ a idrogeno da fonti fossili, impianto di cattura e stoccaggio della CO2 a Ravenna, e Ponte sullo stretto di Messina.

Piano Recovery
Foto di Nattanan Kanchanaprat da Pixabay

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – Nuova, verde e inclusiva. Sono questi i tre capisaldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il nostro Recovery, secondo Legambiente che individua 23 priorità di intervento, 63 progetti territoriali da finanziare e 5 riforme trasversali ormai necessarie. Il tutto – spiega – “per accelerare la transizione ecologica e rendere l’Italia più moderna e sostenibile”.

Tra i principali progetti lo sviluppo del fotovoltaico, dell’eolico, del biometano e dell’idrogeno verde; ma anche l’Alta velocità nel Centro Sud e il potenziamento delle reti ferroviarie regionali, l’elettrificazione della mobilità urbana e dei porti, la decarbonizzazione delle acciaierie, le bonifiche dei siti inquinati, la banda ultralarga, le ciclovie e il turismo di prossimità. Mentre sul versante opposto, i ‘no’ sono netti all’idrogeno da fonti fossili, all’impianto di cattura e stoccaggio della CO2 a Ravenna, e al Ponte sullo stretto di Messina, gli impianti di Trattamento meccanico biologico dei rifiuti, gli impianti di innevamento artificiale e di risalita al di sotto dei 1.800 metri, gli incentivi per l’acquisto dei veicoli a combustione interna.

“Negli ultimi mesi – spiega il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani – il percorso di definizione del Pnrr da parte del governo italiano è stato confuso e soprattutto per nulla partecipato. Il nostro auspicio è che, superata la crisi, il governo abbia il coraggio di cambiare registro e passo, pensando a un Recovery plan diverso, modificandolo e mettendo al centro la crisi climatica”.

Un Piano con un orizzonte che guarda al 2030 – osserva Legambiente che sarà anche in audizione in commissione Ambiente alla Camera sul Next Generation Eu – per “non sprecare le risorse europee” perché “la ripartenza del Paese parte da maggiori semplificazioni, da controlli pubblici più efficaci e da una nuova norma sul dibattito pubblico”. L’associazione autodefinisce il suo Piano – frutto di un lungo dialogo durato 5 mesi con istituzioni, imprese, associazioni, sindacati, e di una scrittura collettiva e condivisa – una “scossa” alla discussione che al momento è “poco centrata sui contenuti”. Cuore pulsante del Pnrr targato Legambiente è la lotta alla crisi climatica, che si ritrova trasversalmente in tutte le proposte contenute nel Piano.

Tra i progetti da finanziare, oltre all’Alta Velocità nel Centro Sud, le reti ferroviarie di Sicilia, Calabria, Basilicata, Molise, Campania, Sardegna, Toscana, Umbria, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Veneto, Lombardia e Piemonte; l’elettrificazione dei porti; la chiusura dell’anello ferroviario di Roma; gli interventi per ridurre gli impatti ambientali nelle acciaierie, come l’ex Ilva di Taranto, la riconversione del distretto di estrazione di Ravenna che dovrebbe puntare sulla nuova filiera dell’eolico e del fotovoltaico off shore e della dismissione delle piattaforme non più operative, la riconversione delle centrali a carbone ancora attive e i progetti sull’agro-ecologia in Puglia, Umbria, Emilia Romagna e Trentino.

Inoltre viene contemplata anche la realizzazione di digestori anaerobici per il trattamento della frazione organica differenziata, con produzione di biometano e compost di qualità, in ogni provincia in Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata, Abruzzo, Marche, e Liguria e quelli per trattare gli scarti agricoli, i reflui zootecnici e i fanghi di depurazione. Non può mancare la lotta all’abusivismo edilizio con le delocalizzazioni degli edifici a rischio idrogeologico in Calabria, Sardegna e Umbria.

E ancora la decarbonizzazione delle isole minori in Sicilia, la digitalizzazione nelle aree interne e una nuova fruibilità turistica delle aree montane come nelle Marche, la riqualificazione dell’edilizia popolare con un’opera di messa in sicurezza e di efficientamento energetico e degli istituti scolastici in Campania. Spazio anche alla rinascita delle aree che subito la tragedia del terremoto con la rigenerazione socio-economica delle quattro Regioni del Centro Italia colpite. 

“Questi interventi – dice ancora Legambiente – devono essere accompagnati da un profondo pacchetto di riforme per accelerare la transizione ecologica: servono più semplificazioni, controlli pubblici migliori, un’organizzazione burocratica aggiornata professionalmente e all’altezza della sfida, una maggiore partecipazione con una nuova legge sul dibattito pubblico che riguardi tutte le opere per la transizione verde, per coinvolgere i territori”.

Quello predisposto dal governo è per l’associazione ambientalista “un Piano privo di una bussola, dove la grande assente tra le priorità trasversali è proprio la crisi climatica che andrebbe affiancata a parità di genere, Sud e giovani, e dove manca la messa a punto di obiettivi, strumenti e interventi dettagliati, coerenti e integrati tra loro, tale da delineare la visione del Green deal italiano e le tappe della transizione”.

E’ per questo che sono “necessarie le riforme” per garantire “qualità dei progetti, velocità della spesa e certezza del rispetto delle regole”. Per Legambiente cinque sono quelle “trasversali, da mettere in campo per accelerare la transizione ecologica: velocizzare l’iter autorizzativo con le semplificazioni all’iter di approvazione dei progetti; combattere la concorrenza sleale con il miglioramento qualitativo dei controlli ambientali attraverso il potenziamento del Sistema nazionale di protezione dell’ambiente; istituire una governance efficace con una Struttura di missione presso la presidenza del Consiglio dei ministri sul modello” di quanto fatto con il rischio idrogeologico e l’edilizia scolastica; “aumentare le competenze della pubblica amministrazione con un programma di formazione e aggiornamento professionale; ridurre i conflitti territoriali con una nuova legge sul dibattito pubblico per la condivisione e la partecipazione di cittadini” che “potenzi quanto già previsto da codice Appalti e dalla Valutazione di impatto ambientale”.