Rinnovabili • Carbone: metà delle centrali europee ha già chiuso

Nuovo mercato elettrico UE, carbone e CfD fanno saltare l’accordo

Il Consiglio dell'Energia definisce il suo orientamento generale sul REMIT, ma non riesce a trovare una posizione condivisa sulla più ampia proposta di riforma del mercato elettrico

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Foto di Peter H da Pixabay

Nuovo mercato elettrico UE, intesa a metà

(Rinnovabili.it) – Per un capitolo che si chiude – la revisione della direttiva energia rinnovabili – un altro se ne apre generando una nuova scia di polemiche. É il caso della proposta normativa per un nuovo mercato elettrico UE su cui ieri i ventisette ministri europei dell’Energia avrebbero dovuto votare una posizione condivisa. Ma l’accordo è in parte saltato. Il Consiglio ha definito il proprio orientamento generale unicamente sul REMIT, ossia la proposta di regolamento relativo all’integrità e alla trasparenza del mercato dell’energia all’ingrosso. Per il più ampio provvedimento di riforma del mercato elettrico europeo è invece un nulla di fatto. Il motivo? Ancora una volta il conflitto tra diversi interessi nazionali.

Il vero pomo della discordia sarebbe stata la proposta di estendere agli impianti al carbone i sussidi di capacità eliminando l’attuale limite emissivo. Una deroga concessa solo in precise circostanze ma che ha fatto infuriare una serie di paesi, Austria, Belgio e Germania in primis.

Contratti per differenza alle vecchie centrali nucleari?

Tuttavia a creare problemi è stata anche un’altra questione: i contratti per differenza (CfD). Si tratta tratta di contratti a lungo termine (intorno ai 15 anni) stipulati tra il produttore di energia rinnovabile e un ente di proprietà del governo. Nei sistemi “a due vie” sono assegnati tramite aste competitive e si basano su una differenza tra il prezzo di mercato e un “prezzo di esercizio” concordato nella gara stessa. Sono solitamente usati per sostenere i nuovi impianti rinnovabili garantendo una remunerazione “fissa” nel tempo. Nel dettaglio ai vincitori spetta il cosiddetto strike price (prezzo di esercizio). Nel caso il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica sia inferiore a quello di esercizio, l’impianto riceverà un’integrazione pari alla differenza tra i due. Se superiore invece, l’impianto deve invece restituire la differenza al governo. 

Sulla carta si tratta di un meccanismo in grado garantire sicurezza sia per gli sviluppatori che per i consumatori ma nella disciplina per il nuovo mercato elettrico UE tale strumento potrebbe ampliare la portata. L’ipotesi discussa in Consiglio è stata quella di estendere i CfD agli impianti elettrici esistenti. Centrali nucleari comprese. Facile immaginare i sostenitori e i contrari alla proposta. Per il ministro tedesco dell’Economia e Clima, Robert Habeckciò potrebbe portare a distorsioni del mercato in quanto gran parte dei mercati potrebbe perdere la flessibilità”. Determinando anche “una distorsione delle condizioni di parità per quanto riguarda i prezzi in Europa”. Per la ministra francese dell’Energia Agnes Pannier-Runacher rinunciarvi, invece, significherebbe “mette in pericolo l’obiettivo della sicurezza dell’approvvigionamento e della protezione dei consumatori”.

REMIT, le modifiche del Consiglio

Trovata invece un’intesa la proposta di regolamento relativo all’integrità e alla trasparenza del mercato dell’energia all’ingrosso. Con alcune modifiche rispetto alla bozza della Commissione. Nel dettaglio il Consiglio ha reso più chiari e rigorosi i requisiti per gli operatori di mercato nell’UE che risiedono in un paese terzo. E ha convenuto di potenziare il ruolo dell’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (ACER) nelle indagini su casi transfrontalieri significativi contro le violazioni REMIT. Rafforzando al contempo il ruolo delle autorità nazionali di regolamentazione “in modo che l’ACER non eserciti i suoi poteri investigativi se le ANR stanno conducendo, o hanno già condotto, un’indagine basata sugli stessi fatti”. I ministri dell’Energia hanno anche aggiunto maggiore flessibilità per quanto riguarda l’emissione di sanzioni amministrative da parte degli Stati membri, inserendo un elenco di criteri per fissare ammende.