di Enrico Gagliano
(Rinnovabili.it) – Secondo Terna a ottobre 2022 le richieste di connessione alla rete elettrica nazionale di iniziative rinnovabili avevano raggiunto complessivamente circa 300 GW, un livello enorme, pari a oltre 4 volte il target di 70 GW al 2030.
In realtà nei primi dieci mesi del 2022 la capacità rinnovabile in esercizio è aumentata di appena 2,3 GW, valore peraltro superiore di 1,4 GW (+143%) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A crescere più di tutti è stato il fotovoltaico, con un aumento di capacità di esercizio pari a 1,1 GW, seguito dall’eolico con un +0,25 GW rispetto al 2021. Si tratta di numeri comunque troppo piccoli: siamo infatti molto lontani dai 6 GW che la Germania ha installato nei primi 10 mesi del 2022 – e che diventeranno 7-8 a fine anno – e dai 10 GW all’anno di nuove installazioni necessarie perché l’Italia raggiunga gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030.
Invece di considerare il dato “lordo” relativo alle richieste di nuove connessioni alla rete, che incorpora capacità rinnovabile che potrebbe non essere autorizzata, si potrebbe partire dalle conclusioni cui è giunto il recente Rapporto realizzato da Ambrosetti in collaborazione con A2A, che stima il potenziale di crescita del fotovoltaico in 105,1 GW (pari a 5 volte l’attuale capacità installata), quello dell’eolico in 21,1 GW (2 volte la capacità odierna) e, infine, quello dell’idroelettrico in 3,3 GW. Il 40% della potenza addizionale del fotovoltaico è prevista sui tetti mentre il restante 60% a terra.
Lo scarto tra le potenzialità delle rinnovabili e l’insufficiente aumento della capacità di esercizio è comunque tale da indurre una qualche riflessione.
Le innovazioni introdotte dal Governo Draghi sul fronte delle semplificazioni non sembrano aver prodotto al momento gli effetti desiderati. Il numero delle autorizzazioni rimane significativamente basso e se un incremento vi è stato nelle nuove installazioni, questo è dovuto non tanto all’attività della Commissione Valutazione Impatto Ambientale (Via) nazionale, bensì al maggior numero di impianti in possesso di titoli quali l’Autorizzazione Unica Regionale (AU), la Procedura Autorizzativa Semplificata (PAS) e la Denuncia di Inizio Lavori Asseverata (DILA).
Portare in capo al MITE con il D.L. Semplificazioni e governance del Pnrr l’autorizzazione dei progetti rinnovabili sopra 10 MW per superare l’elefantiasi delle Regioni non è stata una grande trovata. Secondo “La Staffetta Quotidiana”, nei primi 8 mesi di quest’anno le amministrazioni regionali hanno autorizzato progetti per un totale di 2,36 GW (Autorizzazioni Uniche) mentre il Ministero della Transizione Ecologica ha approvato appena 1,07 GW dei 7,6 GW che erano sul tavolo all’atto dell’insediamento della Commissione Pniec-Pnrr, avvenuto il 18 gennaio 2022 (provvedimenti di Via conclusi positivamente e provvedimenti unici in materia ambientale).
Tra Mite e Regioni, da gennaio ed agosto, sono stati autorizzati 3,43 GW di progetti rinnovabili. Considerando gli impianti sopra il MW, a fine anno potremmo raggiungere 5,1 GW di nuova potenza rinnovabile autorizzati. La previsione coincide con quella fornita da uno studio presentato da Elemens in occasione del recente Forum di Italia Solare.
Ammesso che tutta la potenza rinnovabile autorizzata si trasformi completamente in nuova capacità di esercizio in un solo anno, chi metterà sul piatto i restanti 4,9 GW/anno? Di certo non gli impianti con potenza inferiore al MW. Entro il 15 giugno il Governo avrebbe dovuto approvare con decreto le linee guida per l’installazione di impianti a terra e, di conseguenza, le Regioni avrebbero dovuto individuare entro il prossimo 15 dicembre le aree idonee sui rispettivi territori. A meno di un clamoroso recupero, sarà difficile che la scadenza del 15/12 venga rispettata.
Per quanto concerne le Comunità Energetiche Rinnovabili, mentre il Ministro Pichetto annuncia l’inizio della consultazione pubblica sul nuovo decreto, ad oggi già ben 14 regioni hanno emanato provvedimenti e deciso come sostenere la loro diffusione. Le responsabilità di un così grave ritardo non sono da attribuire al nuovo Ministro, evidentemente.
L’incompletezza, farraginosità e vetustà del quadro di riferimento normativo di certo non aiutano, così come misure che incidano ex-post sulle aspettative di rientro degli investimenti in rinnovabili da parte di famiglie ed imprese (vedi norma sulla tassazione dei cosiddetti extra-profitti). Una norma del 2003 (in particolare, il D.P.C.M. 8 luglio 2003, che fissa i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) impone il rilascio di parere igienico-sanitario persino per realizzare impianti fotovoltaici connessi alla rete in bassa tensione. L’applicazione del D.P.C.M. 8 luglio 2003 rimane controversa ma in alcune regioni senza il parere dell’A.S.L. non è possibile installare impianti fotovoltaici connessi in bassa tensione. C’è una logica in tutto questo?
A quando, finalmente, un testo unico sulle Autorizzazioni FER?
Altro terreno meritevole di intervento è la riforma del Testo Integrato Connessioni Attive (TICA) anche, e non solo, per la parte relativa ai tempi di risposta del Gestore di Rete alle richieste di preventivo per la connessione degli impianti alla rete, che dovrebbero essere quanto meno dimezzati. Come prescritto dall’’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), oggi i tempi di attesa sono di 20 giorni lavorativi per potenze richieste in immissione fino a 100 kW, di 45 se la potenza richiesta in immissione è superiore a 100 kW fino a 1.000 kW, e di 60 giorni per tutte le richieste che superano 1 MW. Considerata la congiuntura sfavorevole, il Sistema Italia può permettersi tempistiche simili?
di Enrico Gagliano, Energia per l’Italia