Se la decisione sarà confermata, Bogotà sarebbe il maggior produttore di petrolio al mondo a bloccare lo sviluppo di nuovi siti fossili
L’annuncio al WEF 2023 di Davos: stop a nuove esplorazioni oil&gas
(Rinnovabili.it) – La Colombia non assegnerà più permessi per nuove esplorazioni di petrolio e gas. Lo ha annunciato Irene Vélez, la ministra per le risorse minerarie del paese sudamericano a Davos, durante il World Economic Forum 2023. Se la scelta verrà confermata, Bogotà diventerà il più grande produttore di fossili al mondo a bloccare lo sviluppo di nuovi giacimenti di idrocarburi sul proprio territorio.
“Abbiamo deciso di non assegnare nuovi contratti per l’esplorazione di petrolio e gas, e anche se questo è stato molto controverso, è un chiaro segno del nostro impegno nella lotta contro il cambiamento climatico”, ha spiegato Vélez a Davos. “Questa decisione è assolutamente urgente e richiede un’azione immediata”.
Basta nuove esplorazioni di petrolio e gas
Il giovane governo di Gustavo Petro, uscito vincitore alle elezioni dello scorso giugno, sembra tener fede a una delle principali promesse avanzate in campagna elettorale dal leader del partito Colombia Humana. Una campagna, quella del primo partito di sinistra ad accedere al potere nel paese, che era imperniata proprio su temi ambientali e climatici. Fin dal ticket elettorale: la candidata vicepresidente scelta da Petro era Francia Marquez, un’attivista ambientale che vinse il Goldman Environmental Prize nel 2018 per il suo impegno contro le miniere d’oro illegali.
Ma il condizionale è d’obbligo. Staccare la spina alle fossili è un’operazione più complessa di quanto potrebbe apparire, per la Colombia. Il petrolio, da solo, rappresenta il 45% dell’export del paese. Le dichiarazioni di Petro -che pure vuole una riduzione graduale dell’oil&gas nazionale, non uno stop immediato- hanno fatto innervosire investitori e mercati pochi mesi fa facendo precipitare il valore del peso colombiano. Per fermare la caduta è dovuto intervenire il ministro delle Finanze, José Ocampo, che ha assicurato che non ci sarebbe stato alcuno stop e che nuovi pozzi sarebbero stati esplorati e messi in produzione.
Eppure il settore oil&gas è in declino costante e, dati alla mano, nuove esplorazioni di petrolio e gas non possono risollevare le sorti del paese ma solo rallentare la transizione e prolungare l’agonia. Le riserve fossili stimate non sono ingentissime ma, soprattutto, i pozzi si stanno iniziando ad esaurire. Così la produzione cala: dagli 808mila barili al giorno del 2020 è scesa ai 760mila del 2021 e ai circa 740mila del 2022. A dicembre la stessa Vélez aveva annunciato che, grazie ai prezzi dell’energia molto alti, la Colombia avrebbe provato ad approfittarne con un aumento delle estrazioni da pozzi esistenti grazie alla tecnica dell’enhanced recovery. L’operazione, per i pozzi colombiani, resta economicamente conveniente finché il barile costa più di 65 $, ma è una soluzione che il governo ha indicato come temporanea, solo per fare cassa.
Via le fossili, largo a rinnovabili e turismo
Già, i soldi. Rimpiazzare le entrate dell’oil&gas è un problema che il governo vuole affrontare grazie a turismo e rinnovabili. “Siamo convinti che un forte investimento nel turismo, data la bellezza del Paese e la capacità e il potenziale che il Paese ha di generare energia pulita, potrebbe, nel breve termine, riempire perfettamente il vuoto lasciato dai combustibili fossili”, ha dichiarato Petro ai giornalisti a Davos.
Il paese ha degli indici di irradiazione solare e ventosità che, sono superiori alla media globale. La radiazione solare batte intorno ai 4,9-5,5 kWh/m2/giorno (la media globale è 3,9), analoghi a quelli del sud Italia (la media in Sicilia è 5,4), mentre la ventosità ha picchi di 9 m/s nella parte caraibica. Proprio il nord del paese, in particolare regioni come La Guajira da cui oggi proviene una parte preponderante delle fossili, sono le migliori candidate alla transizione verso le rinnovabili.