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La nuova produzione di fossili è senza freni

Nell’ultimo biennio le compagnie fossili sono tornate ad avviare o a prendere la decisione finale di investimento su nuovi giacimenti con gli stessi ritmi pre-Covid. Nel 2023 sono virtualmente arrivati sul mercato 8 miliardi di barili di petrolio equivalente, entro fine decennio potrebbero arrivarne volumi 4 volte maggiori. Molti da paesi che finora non hanno mai estratto idrocarburi. I nuovi hotspot globali sono in America Latina (Guyana) e Africa (Namibia)

Nuova produzione fossili: industria oil&gas senza freni
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Global Energy Monitor pubblica la mappa globale della nuova produzione di fossili

(Rinnovabili.it) – L’anno scorso l’industria globale dell’oil&gas ha messo in funzione o preso la decisione finale di investire in almeno 20 siti da cui estrarrà 8 miliardi di barili di petrolio equivalente (boe). Non è un anno “eccezionale”: i piani delle compagnie fossili puntano a estrarre, entro il 2030, almeno 4 volte tanto, più di 31 mld boe da 64 nuovi siti. Una traiettoria che è diametralmente opposta a quella suggerita dall’Agenzia internazionale dell’energia (IEA): per non sforare 1,5°C bisogna bloccare subito qualsiasi nuova produzione di fossili, avvertiva già nel 2021.  

Da allora, però, le compagnie dell’oil&gas hanno continuato a tirare dritto. Negli ultimi 3 anni hanno messo in produzione o approvato progetti per estrarre almeno 16 mld boe aggiuntivi e hanno annunciato la scoperta di nuovi giacimenti per altri 20 mld boe. Solo nel 2023 le nuove scoperte sono arrivate a 7,7 mld boe.

Nuova produzione di fossili, è senza freni

I dati sulla nuova produzione di fossili arrivano dall’ultimo rapporto di Global Energy Monitor, che passa al vaglio risultati e piani delle principali aziende del petrolio e del gas a livello mondiale, toccando le major così come le aziende di proprietà statale e quelle indipendenti.

La mappa globale certifica che la maggior parte dei principali paesi produttori di petrolio e gas prevede di aumentare la propria produzione entro il 2030 rispetto al 2021. Una tendenza che è alimentata “in parte dalla scoperta e dall’approvazione di nuovi progetti, nonché dall’espansione dei giacimenti esistenti”. E, per volumi e decisioni finali di investimento, si mette su una traiettoria analoga a quella pre-Covid.

Non solo. Anche chi prima non estraeva petrolio e gas, adesso si lancia nella nuova produzione di fossili. Quattro dei ventidue paesi dove sono stati scoperti nuovi giacimenti negli ultimi 2 anni, sottolinea Global Energy Monitor, hanno prodotto poco o nessun petrolio e gas fino a poco tempo fa. Si tratta di Cipro, Guyana, Namibia e Zimbabwe, che da soli rappresentano circa il 37% del totale dei volumi scoperti. Dal punto di vista geografico, la mappa globale delle fossili si sta calibrando sempre di più su America Latina e Africa. Guyana e Namibia in particolare.

Catene fossili

Questa nuova produzione di fossili è ancora più problematica perché rischia di incatenarci a petrolio e gas ancora per decenni. Soprattutto perché la maggior parte dei progetti probabilmente entrerà in funzione dopo il 2030. Anche se le compagnie fossili parlano, in media, di piani per avviare la produzione entro un paio di anni, la media storica si attesta su circa 11 anni.

Tutto questo farà divergere ancora di più la traiettoria dell’industria fossile da quella suggerita dall’IEA. Per l’agenzia diretta da Fatih Birol, infatti, nel corso prossimo decennio la produzione fossile dovrebbe calare del 40% a livello globale per avere qualche chance di rispettare l’Accordo di Parigi.

Altre stime sono analoghe o tracciano una rotta ancora più drastica. Per lo Stockholm Environment Institute, i piani per la nuova produzione di gas e petrolio sono, rispettivamente, il 29% e l’80% più alti di quanto sarebbe compatibile con 1,5°C. Per l’International Institute for Sustainable Development, entro il 2050 la produzione e il consumo globali di fossili dovrà scendere del 65% rispetto al 2020.