di Roberto Antonini
Entro fine mese l’esito dei lavori della Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile, per la fine dell’anno la bozza di una legge delega che riporti l’atomo tra le fonti del bouquet energetico italiano, testo da sottoporre al vaglio parlamentare nei primi mesi del 2025. Questa la road map del ritorno dell’Italia alla produzione di elettricità da nucleare tracciata dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto in audizione alla Camera. Nessun contrasto con le rinnovabili, anzi, l’atomo si porrà “non in antagonismo ma a supporto del loro pieno dispiegamento”, garantisce.
Il leit motiv resta quello della neutralità tecnologica, tutte le fonti energetiche vanno considerate “senza preclusioni ideologiche, soltanto sulla base della scienza e della tecnica”. Lo scopo resta quello di garantire un approvvigionamento energetico sicuro, affidabile, conveniente, e chiaramente decarbonizzato. “Decarbonizzazione è una grande sfida che dobbiamo assolutamente vincere”, per questo “non riteniamo quindi lungimirante escludere a priori questa fonte di approvvigionamento energetico stabile, sicura e decarbonizzata”, nelle parole del titolare del MASE.
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I tempi, dunque. Il gruppo di lavoro che ha l’obiettivo di riordinare la legislazione di settore, definire le proposte legislative e un quadro delle azioni da intraprendere, guidato dal giurista Giovanni Guzzetta, è atteso presentare “entro la fine del 2024 una bozza di testo per la legge-delega che possa abilitare la produzione da fonte nucleare tramite le nuove tecnologie nucleari sostenibili come gli SMR, AMR e microreattori”, informa il titolare del MASE. Il disegno di legge delega “sarà quindi sottoposto al vaglio parlamentare nei primi mesi del 2025″. La delega e i decreti legislativi ad essa legati “dovranno necessariamente riguardare anche l’intero sistema di governance, procedendo ad una revisione e a un riordino delle competenze e delle funzioni attualmente esistenti nel Paese”.
Secondo il ministro la fonte nucleare – facendo riferimento a una catena di fornitura europea e occidentale – aiuterà a sottrarsi al “dominio a livello industriale da parte della Cina” che caratterizza le rinnovabili. Nessun problema nemmeno sul fronte della dipendenza da Paesi ‘problematici’ per la fornitura di uranio, lo hanno anche Paesi ‘amici’. In tema di sicurezza degli approvvigionamenti, “è importante anche considerare il fatto che Paesi affidabili quali Canada e Australia sono rispettivamente al secondo e quarto posto a livello mondiale per quantità di uranio estratta, su dati 2022”, rileva il ministro, “per cui la fornitura di combustibile avrebbe un rischio geopolitico estremamente più basso rispetto ad altre fonti di energia”.
Il tutto anche alla luce di una “ampia partecipazione delle imprese italiane alla supply chain europea”, precisa Pichetto. “L’obiettivo è quello di creare una catena del valore che graviti intorno ad un soggetto industriale nazionale di riferimento, di dimensioni e competenze opportune, che si interfacci alla pari con i Paesi europei e internazionali e che preveda gran parte della catena produttiva non solo italiana, ma realizzata in Italia”, segnala il titolare del MASE.
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Mentre per quel che riguarda l’apparato normativo che riporterà l’Italia tra i paesi nucleari il piede è sull’acceleratore, per il famoso – per alcuni famigerato – deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi il piede è invece sul freno. Nella gestione dei rifiuti nucleari a bassa attività “l’idea che si sta valutando è quella di ammodernare le strutture esistenti, eventualmente ampliandole, sfruttando la possibilità di farlo in località potenzialmente già idonee alla gestione in sicurezza di rifiuti radioattivi, anche nell’ottica del rientro dall’estero dei rifiuti ad alta attività che lì si trovano per riprocessamento da diversi anni”, annuncia Pichetto.
D’altronde, non è che il deposito sia alle viste: dopo le numerose levate di scudi e le poche autocandidature di territori ad ospitarlo, i tempi si fanno lunghi. “In base alle stime attuali, ipotizzando che tutte le fasi procedurali vadano a buon fine, si potrà ottenere l’autorizzazione unica per il Deposito Nazionale nel 2029, con la messa in esercizio prevista entro il 2039”. Tempi che “possono certamente sembrare lunghi”, concede il ministro, “ma voglio sottolineare che la complessità del progetto e le esigenze di sicurezza richiedono un approccio estremamente cauto e rigoroso”.