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Tutti pazzi per la neutralità climatica? Tanti annunci, pochi piani, molti dubbi

Ufficialmente, sono 136 su 198 i paesi che hanno fissato una data in cui raggiungeranno emissioni nette zero. Pesano per l’80% del pil globale e per il 78% delle emissioni. Ma quelli con piani concreti e dettagliati sono la minoranza: appena il 10% del pil e il 5% dei gas serra

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I veri numeri della neutralità climatica nel mondo

(Rinnovabili.it) – Nelle settimane prima della COP26, grandi inquinatori come Russia e Arabia Saudita, ma anche paesi di medio calibro come gli Emirati Arabi Uniti, hanno fissato i loro obiettivi di neutralità climatica. Qualche mese prima era diventato ufficiale l’impegno dell’Unione Europea, che presa in blocco scalza l’India dal gradino più basso del podio tra i maggiori emettitori di gas serra. India che ha annunciato proprio dal palco di Glasgow che diventerà net-zero nel 2070, mentre la Cina l’ha disertato ma ha anche pubblicato un piano dettagliato da qui al 2030 pochi giorni prima del vertice sul clima.

La neutralità climatica è il nuovo mantra della diplomazia internazionale, l’architrave su cui stiamo costruendo il percorso che ci dovrebbe assicurare di non tradire l’accordo di Parigi. È da tempo che, sulle questioni più scottanti, quello che una volta si chiamava ‘il concerto delle nazioni’ non segue più lo stesso spartito. Il clima non fa eccezione, ma sulla neutralità climatica c’è una convergenza sempre più ampia. In questo momento sono 136 su 198 i paesi che hanno fissato una data entro la quale arriveranno a emissioni nette zero. Altri seguiranno.

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In tutto, questi paesi rappresentano più dell’80% del pil globale e il 77% dei gas serra emessi in tutto il mondo. Solo un anno fa queste cifre erano ferme al 68% e al 61%. Dovrebbe essere abbastanza per fare massa critica e accelerare sul serio la transizione energetica. Invece non lo è. Serve più cautela prima di fare un’affermazione così avventata, avverte il gruppo di ricerca Oxford Net Zero. Perché “non tutte le neutralità climatiche nascono uguali”.

Se ci si arma di pazienza e si spulciano nel dettaglio i dati raccolti dal loro nuovo strumento, il Net Zero Tracker, si scopre che le promesse solide sono molto poche. Una minoranza. Contando solo gli impegni forti e gli annunci di piani chiari verso la neutralità climatica, i paesi virtuosi sono appena il 10% del pil mondiale e il 5% delle emissioni. Solo cinque obiettivi netti zero fissati dalle nazioni del G20 sono sostenuti da piani solidi. 

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Chiaramente non è abbastanza. Anzi, senza criteri comuni e più trasparenza si rischia di fare carta straccia dell’accordo di Parigi. Come rimediare? A partire dalla COP26 di Glasgow, spiegano i ricercatori, sono necessari dei passi per chiarire e rafforzare gli obiettivi netti zero, compresi quelli che corrispondono ad azioni immediate. Esattamente quelle “azioni immediate” che sono state cancellate dal comunicato finale del G20 di Roma a fine ottobre. E che forse non compariranno nemmeno al summit sul clima in Scozia. (lm)