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La prima petromonarchia del Golfo a promettere la neutralità climatica

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Foto di Norbert Graube da Pixabay

Gli EAU hanno fissato la neutralità climatica al 2050

(Rinnovabili.it) – Anche le petromonarchie del Golfo entrano nella corsa verso la neutralità climatica. Ma non significa rinunciare al petrolio e al gas. Ci provano, per primi, gli Emirati Arabi Uniti. Ieri l’annuncio da parte del premier della piccola federazione di emirati, Mohammed bin Rashid Al Maktum. Gli EAU puntano a diventare net-zero entro la metà del secolo.

Abu Dhabi è l’ottavo maggior produttore di petrolio al mondo, e anche il paese arabo che è riuscito a smarcarsi di più dagli idrocarburi. Il percorso è stato avviato da tempo e ha dato dei risultati positivi, con l’oil&gas che incide “appena” pe il 30% del PIL. Una situazione più sostenibile di altri suoi vicini, a partire dall’Arabia Saudita che ricava metà del suo prodotto interno lordo dal petrolio, con il barile che pesa per il 70% dell’export.

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Nel processo di diversificazione economica dell’Emirato adesso entra anche la variabile della neutralità climatica. Una scelta obbligata per supportare il tentativo di Abu Dhabi di ospitare la COP28 nel 2023, partita dove se la deve vedere con la Corea del Sud. Qual è la tabella di marcia?

L’obiettivo finale è decarbonizzare l’intera economia e sul piatto Abu Dhabi mette 163 miliardi di dollari in energia “pulita e rinnovabile” da qui al 2050, pari a circa 6 mld l’anno. Mancano ancora i dettagli dei tempi e delle tecnologie prioritarie, però: potrebbe arrivare qualche informazione in più a fine mese, durante la Middle East Green Initiative che si terrà a Riyadh alla vigilia della COP26 per rilanciare l’ambizione verde del mondo arabo.

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Va però notato che lo sforzo di diversificazione economica e di decarbonizzazione dell’economia è impostato sia sulle rinnovabili che sul nucleare, con l’atomo che potrebbe occupare una quota importante. Gli EAU sono l’unico paese del Golfo ad avere una centrale nucleare – quella di Barakah, inaugurata da poco, con un reattore attivo e altri 3 in costruzione. A maggio, il governo aveva annunciato di voler raggiungere entro 3 anni il 20% di capacità elettrica installata da fonti pulite.

Nella strategia energetica per il 2050, annunciata nel 2017, si prevedeva di produrre il 44% dell’energia da fonti rinnovabili, il 6% dal nucleare, il 12% dal carbone pulito e il resto dal gas naturale. Un piano che andrà certamente aggiornato.

Tutto questo significa uno stop alla produzione di petrolio e gas? No, visto che il sistema di conteggio delle emissioni usato dall’ONU attribuisce agli EAU solo quelle legate alla produzione di idrocarburi, e non quelle generate dalla combustione delle fonti fossili esportate. CCS e riduzione delle perdite di metano potrebbero bastare per l’obiettivo della neutralità climatica.

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