Mentre lima i dettagli del nuovo piano quinquennale, la Cina deve presentare i nuovi Nationally determined contributions. Cosa conterranno?
Due rapporti dettagliano quali devono essere le nuove politiche di Pechino per la neutralità climatica
(Rinnovabili.it) – Entro la fine dell’anno, tutti i paesi dovranno aggiornare i loro NDC (Nationally determined contributions), le azioni che si impegnano a compiere per rispettare l’accordo sul clima di Parigi. E’ un passaggio importante per sondare il livello reale di ambizione climatica degli Stati. Il documento più atteso è quello della Cina. Primo paese al mondo per emissioni, Pechino deve dimostrare di avere un piano realistico per tener fede alla promessa di raggiungere la neutralità climatica entro il 2060, annunciata dal presidente Xi Jinping lo scorso settembre.
Per la Cina questo processo si sovrappone alla stesura del nuovo piano quinquennale. Che però dovrebbe venir presentato soltanto a marzo 2021 e di cui non si conoscono ancora i dettagli. I nuovi NDC quindi saranno un po’ la cartina tornasole della serietà dell’impegno cinese. E riveleranno come Pechino pensa di affrontare questa ‘lunga marcia’ verso la neutralità climatica.
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Che aggiornamenti ci dobbiamo aspettare? Due rapporti appena pubblicati hanno calcolato gli obiettivi minimi in diversi settori affinché la Cina possa far seguire i fatti alle parole. Il primo è firmato da Asia Society Policy Institute e da Climate Analytics e sottolinea che il picco delle emissioni non deve avvenire più tardi del 2025 e poi calare rapidamente. Nel suo annuncio all’assemblea generale dell’Onu, Xi invece aveva indicato il 2030 come data.
Sulla base delle attuali proiezioni del PIL, lo studio stima che l’intensità di carbonio dovrebbe essere ridotta dell’87-93% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030, rispetto all’attuale obiettivo del 60-65%. Ultimo punto, ma non meno importate, riguarda il phase out del carbone: deve essere portato a termine entro il 2040.
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Sul carbone si concentra anche il secondo rapporto, pubblicato da Draworld Environment Research Center di Pechino e dal Centre for Research on Energy and Clean Air. Per restare allineata all’accordo di Parigi, la Cina deve smettere immediatamente di costruire centrali a carbone. Non solo: gli autori calcolano che già adesso ci sarebbe un surplus di 130GW. E che Pechino dovrebbe spegnerne molte per scendere dagli attuali 1.100GW a circa 680GW nel 2030.
Al momento, la Cina ha rilasciato autorizzazioni per installare almeno altri 250GW entro il 2025. E il governo centrale, che su questo tema è spesso in contrasto con i governi provinciali, continua a restare sul vago. Xie Zhenhua, funzionario del ministero dell’Ambiente di Pechino, in settimana non è andato oltre l’indicazione che “dal 14° piano quinquennale 2021-2025 inizieremo probabilmente a limitare e vietare l’ulteriore sviluppo di centrali elettriche a carbone”.