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L’ambiente aiuta il nuovo fisco, la riforma si farà grazie a revisione detrazioni e tasse verdi

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Foto di Steve Buissinne da Pixabay

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – “I fondi del Next generation EU consentiranno spazi fiscali per far entrare a regime la riforma fiscale con la quale il governo si è impegnato a ridurre il cuneo fiscale sul lavoro, soprattutto per i redditi medi e medio-bassi. La riforma fiscale si finanzierà strutturalmente con il contrasto all’evasione fiscale e con una riforma del sistema delle detrazioni e dalla tassazione ambientale”. E’ quello si trova scritto nella bozza della Nota di aggiornamento al Def, Nadef, che sarà scodellata sul tavolo del Consiglio dei ministri nelle prossime ore.

Un’ampia “riforma fiscale” viene ritenuta “una componente importante della programmazione triennale”; e il governo intende attuarla “sulla base di una legge delega che sarà parte integrante del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) e dei relativi obiettivi intermedi”.

La citazione della tassazione ambientale non è un caso. Vengono infatti tirati in ballo i sussidi ambientalmente dannosi. In particolare quanto si parla delle risorse “per il finanziamento degli interventi previsti dalla Manovra di bilancio per il 2021”; che – viene spiegato nel documento – “saranno assicurate” da una “rimodulazione di alcuni fondi di investimento e dall’avvio di un programma di revisione e riqualificazione della spesa della Pa; dagli incrementi di gettito derivanti dal miglioramento della compliance, correlati anche all’incentivazione all’utilizzo degli strumenti elettronici di pagamento”, e – naturalmente – “dalla revisione di alcuni sussidi dannosi dal punto di vista ambientale. Scorrendo la Nota al Def emerge che “la Manovra 2021-2023 della prossima legge di Bilancio punterà a sostenere la ripresa dell’economia con un’ulteriore spinta fiscale nel 2021” che si andrà “riducendo nel 2022, per poi puntare ad un significativo miglioramento del saldo di bilancio nel 2023”.

In generale per quanto riguarda le altre misure, “con effetti trascurabili sull’indebitamento netto”, nella Nadef vengono ricordate “le disposizioni per realizzare l’accelerazione degli investimenti e delle infrastrutture, favorire la diffusione dell’amministrazione digitale ed implementare interventi di semplificazione in materia di attività imprenditoriale, di ambiente e di green economy per fronteggiare le ricadute economiche conseguenti all’emergenza epidemiologica da Covid-19”.

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Il superamento della recessione consentirà di “adottare misure capaci di migliorare i fondamentali dell’economia e incidere positivamente sul prodotto potenziale, quali quelle lanciate con il Green new deal europeo per una crescita sostenibile e la transizione digitale”.

Quanto alla valorizzazione del patrimonio pubblico, nell’ambito della strategia economica del governo, l’attività di valorizzazione del patrimonio pubblico è essenzialmente finalizzata alla creazione di valore e alla realizzazione di un impatto positivo sull’economia attraverso il ruolo propulsivo svolto dall’attività di valorizzazione e dall’uso efficiente degli attivi pubblici”. Sulle partecipazioni societarie è “essenziale fornire un supporto ai processi di crescita e sviluppo, non trascurando di assicurare gli obiettivi di recupero di efficienza” per valorizzare le stesse partecipazioni e per “migliorare la qualità dei servizi e dei prodotti. Un’attenzione particolare va prestata agli incentivi per gli investimenti nei territori e nei settori ritenuti strategici” come l’energia, la green economy, e le infrastrutture.

L’Agenzia del demanio sta lavorando – in collaborazione con il ministero dei Beni culturali, Enit, Difesa servizi spa e altri soggetti istituzionali competenti – al lancio del progetto ‘Valore Paese Italia’ che punta a riunire sotto un unico marchio reti tematiche che hanno l’obiettivo della valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati, in base al principio del turismo sostenibile legato a cultura, sport, formazione, ambiente e mobilità dolce.

Secondo la bozza del documento per l’anno in corso le previsioni del governo evidenziano un’ulteriore rilevante, inevitabile, salita del debito pubblico, a fronte della caduta del Pil e delle spese effettuate per fronteggiare la crisi legata alla pandemia. “La prima stima fornita nel Def in aprile è stata rivista da 155,7 a 158%, prevalentemente a causa delle maggiori spese contemplate nel decreto Agosto: nel 2021 il governo prefigura un assestamento verso il basso legato al rimbalzo della crescita che porterà il rapporto debito pubblico e Pil al 155,6%, mentre successivamente il rapporto declina al 153,4% nel 2022 e al 151,5% nel 2023”.

Vengono anche dipinti alcuni scenari di recrudescenza del Covid-19: “la previsione annuale di caduta del Pil per il 2020 scenderebbe dal meno 9% del quadro tendenziale al meno 10,5%. La crescita del Pil nel 2021 si fermerebbe all’1,8% contro il 5,1% tendenziale”. Al contrario invece in caso di recupero il Pil crescerebbe del 6,5% nel 2022 e del 2,3% nel 2023. Con la ripresa dei contagi che si aggraverebbe nei mesi finali del 2020, con livelli di guardia in termini di ricoveri ospedalieri, indurrebbe il governo “a reintrodurre chiusure selettive di alcuni settori e misure di distanziamento sociale. Dopo il rimbalzo del periodo estivo, il Pil subirebbe una nuova caduta nel quarto trimestre. Ipotizzando un rafforzamento delle misure restrittive nei primi mesi del prossimo anno, il Pil continuerebbe a scendere, sia pure in misura nettamente inferiore a quella della prima metà del 2020”.

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Nella descrizione degli interventi contro la crisi sanitaria da coronavirus – viene spiegato – come quelli dell’Italia siano “tra i più ampi a livello europeo”; cosa che ha consentito di “difendere la capacità produttiva del Paese e contenere gli effetti economici e sociali causati dalla pandemia. Le risorse complessivamente stanziate nel corso del 2020 per reagire all’emergenza ammontano a 100 miliardi di euro in termini di maggior indebitamento”.

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