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Il primo studio sull’inquinamento acustico delle miniere sottomarine

Università di Exeter e Greenpeace Research Laboratories hanno studiato le conseguenze delle attività di deep sea mining sull'intera colonna d'acqua concentrandosi sulla propagazione dei suoni e gli effetti sui cetacei

Miniere sottomarine: il 1° studio sull’inquinamento acustico
crediti: Miller et al., 2018 CC BY 4.0

A giugno potrebbero iniziare le operazioni nelle prime miniere sottomarine al mondo

(Rinnovabili.it) – Lo sfruttamento delle miniere sottomarine nella Clarion Clipperton Zone, l’area più ricca di minerali degli abissi al mondo, creerebbe “rischi significativi” per la fauna oceanica, in particolare per le balene. Anche a causa dell’inquinamento acustico generato dalle operazioni di dragaggio dei fondali per raccogliere noduli polimetallici e croste di cobalto. Lo afferma il primo studio sull’impatto a 360° del deep sea mining sui cetacei.

Alla cieca

Finora la ricerca scientifica sulle ricadute di questo settore emergente dell’estrazione mineraria è praticamente assente. Il deep sea mining consiste nell’estrarre minerali preziosi come nichel, manganese, litio, colbalto, titanio, molibdeno e terre rare dai fondali oceanici a profondità di 3-5000 metri. Ecosistemi difficili da raggiungere, e quindi da studiare, per gli scienziati.

Così, mentre quest’anno si attende il via libera alla corsa per le miniere sottomarine da parte dell’Isa, l’International Seabed Authority, non sappiamo praticamente nulla delle possibili conseguenze di queste attività sugli ecosistemi interessati.

Per questa ragione lo Iucn, la maggiore organizzazione conservazionista al mondo, ha chiesto una moratoria internazionale sul deep sea mining finché non si conoscerà meglio l’impatto. E come lo Iucn anche alcuni paesi, tra cui Palau e Fiji, direttamente interessati vista la geografia dei depositi più ambìti, appoggiano lo stop preventivo a queste attività sottomarine.

Miniere sottomarine, l’impatto dell’inquinamento acustico

A fare un po’ di chiarezza sulle conseguenze del deep sea mining è uno studio peer-reviewed realizzato dall’università di Exeter e dai Greenpeace Research Laboratories e pubblicato su Frontiers in Marine Science.

“I suoni prodotti dalle operazioni estrattive, compresi quelli prodotti dai veicoli azionati a distanza sul fondo marino, si sovrappongono alle frequenze di comunicazione dei cetacei, il che può causare un mascheramento uditivo e un cambiamento di comportamento nei mammiferi marini”, scrivono gli autori. I danni all’ecosistema sarebbero probabilmente “di lunga durata e irreversibili”.

Gli habitat di questi cetacei si sovrappongono ampiamente alle aree dove sono stati finora rilasciati gli unici 31 permessi per avviare miniere sottomarine al di fuori delle zone economiche speciali degli Stati. Permessi concentrati nel Pacifico all’altezza della Clarion Clipperton Zone.

“È probabile che il rumore si concentri sul fondo marino e in superficie, anche se le pompe a mezz’acqua, il flusso di liquami e le apparecchiature comandate a distanza distribuirebbero il rumore in tutta la colonna d’acqua, si legge nello studio. “Sul fondale marino, l’estrazione del minerale produrrà probabilmente un’ampia gamma di frequenze, alcune delle quali saranno a bassa frequenza e potrebbero viaggiare per almeno diverse centinaia di chilometri”.