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La Francia non svilupperà più una sua tecnologia per mini-reattori nucleari

Mini-reattori nucleari SMR: la Francia fa marcia indietro?
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Sui mini-reattori nucleari sta puntando molto anche l’Italia

Traballa una delle due gambe della strategia francese sul nucleare. L’utility statale EDF ha abbandonato il progetto, già incamminato, di sviluppare una propria tecnologia innovativa per i mini-reattori nucleari (Small Modular Reactors, SMR). L’obiettivo di puntare sui reattori di piccola taglia resta, ma EDF sceglierà tra le opzioni già disponibili sul mercato.

Tra EPR e SMR

Insieme a una nuova flotta di reattori EPR (6 più 8 opzionali), quella dei mini-reattori nucleari era l’opzione prescelta dall’Eliseo per riportare l’atomo saldamente al centro del mix energetico nazionale – smentendo i piani precedenti di abbassarne la quota sotto il 50% – e per ridare smalto all’industria nazionale del settore nucleare.

In entrambi i casi si tratta di mettere in campo tecnologie innovative, ma attualmente a un livello di sviluppo ben diverso. Nel caso degli EPR, i reattori nucleari europei ad acqua pressurizzata di III generazione avanzata, esistono già impianti in funzione. Non privi di problemi, da quelli cronici (tempi e investimenti necessari che si dilatano, come per Oilkuoto in Finlandia e Flamanville in Francia) a quelli acuti (presunti difetti nel design che potrebbero aver contribuito all’incidente occorso alla centrale cinese di Taishan).

Gli SMR, invece, sono ancora in gran parte “teorici”. Esistono 4 unità in funzione, due in Russia e due in Cina. Ma in molti casi i progetti che prevedono l’uso di mini-reattori nucleari si basano su tecnologia ancora in fase di sviluppo. Rolls-Royce sta sviluppando il suo design proprietario, anche grazie all’iniezione di risorse da parte di Londra. NuScale, negli Stati Uniti, sta facendo lo stesso (con meno successo). Analogamente, EDF ha creato una sua costola dedicata agli SMR, Nuward. Che oggi, dopo 4 anni, decide di scaricare.

Parigi cambia i piani sui mini-reattori nucleari

Secondo i piani originari, tra 2019 e 2022 doveva essere sviluppato il concept del design degli SMR d’oltralpe. Tra 2023 e 2025 doveva svolgersi la messa a punto della tecnologia e il pre-licensing, con la commercializzazione da avviare già l’anno prossimo. Entro il 2030, Nuward prometteva di poter realizzare il primo reattore modulare di piccola taglia.

L’addio a questo progetto, secondo fonti di Nuward sentite da Reuters, sarebbe maturato dopo il dialogo con potenziali investitori del calibro di Vattenfall, CEZ e Fortum. Che stanno valutando anche l’opzione EPR. E si sono dimostrati scettici verso gli SMR. La ragione? Non c’è garanzia sul rispetto dei tempi di realizzazione e dei costi finali. EDF, ad ogni modo, continuerà a lavorare sui mini-reattori. Ma sviluppando un design a partire da elementi tecnologici già esistenti.

Con il nuovo PNIEC 2030, l’Italia conferma l’interesse per gli SMR

Al rilancio francese del nucleare si sta ispirando molto anche il governo Meloni. Il MASE ha fatto più volte riferimento proprio all’opzione di riportare l’Italia nel club dell’atomo puntando sui mini-reattori nucleari, oltre che sulla fusione. Su questi due ambiti è incardinato il lavoro della Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile, lanciata nel 2022, e quindi della filiera italiana del settore.

Il nuovo PNIEC Italia 2030 appena presentato all’UE, inoltre, ha definito il ruolo dell’atomo nel mix nazionale con alcuni “scenari nucleari”, sia per la fissione che per la fusione. Prevedendo 0,4 GW nel 2035, che salirebbero a 2 GW nel 2040, 3,5 GW nel 2045, e 8 GW a metà secolo (di cui 0,4 GW da fusione). Tranne questa piccola quota al 2050 da fusione, tutto il resto dovrebbe provenire da SMR, che coprirebbero circa l’11% del mix nazionale. Che potrebbe crescere al 22%, sempre al 2050, in uno scenario meno conservativo, cioè sfruttando l’intero potenziale teorico stimato dalla Piattaforma.

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