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Il nucleare mette in difficoltà la riforma del mercato elettrico europeo

Mercato elettrico europeo
Foto di Evgeniy Alyoshin su Unsplash

Riforma del mercato elettrico europeo, le difficoltà del Consiglio UE

(Rinnovabili.it) – Quando nel 2022 la crisi del gas si è abbattuta sui prezzi dell’elettricità, è stato chiaro quasi per tutti nel Vecchio Continente che il mercato elettrico europeo avesse bisogno di una riforma. Una modifica di alcuni meccanismi chiave per proteggere consumatori e industria da futuri shock. Ecco perché, con non poche difficoltà la Commissione europea nel marzo 2023 ha presentato una proposta di modifica delle regole dell’assetto del mercato e una sul regolamento REMIT.

Ma mettere mano ad un sistema così complesso e profondamente legato alle varie differenze nazionali, non è un compito facile. E i primi contrasti tra i Ventisette non sono tardati ad arrivare. Secondo quanto riferito in esclusiva dalla Reuters, i paesi dell’Unione starebbero valutando la possibilità di eliminare una parte centrale delle riforme del mercato elettrico europeo, a causa delle tensioni nate tra Francia e Germania. Il problema? Il capitolo sui CfD (contratti per differenza), una forma di sostegno pubblico attraverso il quale al produttore di energia viene garantito dal Governo un prezzo minimo per l’elettricità.

Contratti per differenza, il pomo della discordia

Il meccanismo a due vie proposto dall’Esecutivo von der Leyen prevede la fissazione anche di un prezzo massimo, in modo che eventuali ricavi generati da prezzi superiori siano restituiti allo Stato. Per poi essere impiegati per abbassare le bollette dei consumatori. Una misura che, secondo la bozza della Commissione, dovrebbe riguardare solo gli impianti fotovoltaici, eolici, geotermici ed idroelettrici. Ma la Francia, che continua a battere insistentemente sul tasto nucleare – come si è visto durante la trattazione della Direttiva sulle rinnovabili RED III – vorrebbe estendere i contratti CfD anche al suo parco nucleare. E impiegare le eventuali entrate generate dallo sforamento del prezzo, per finanziare la ristrutturazione dei reattori più vecchi.

Una posizione sostenuta da alcuni paesi dell’Europa orientale e nettamente respinta dalla Germania, contraria originariamente anche alla modifica del mercato elettrico. Berlino non è sola nella sua opposizione ma lo scontro fra le parti ha portato ad uno stallo apparentemente irrisolvibile. E mentre la commissione Industria del Parlamento europeo ha approvato la propria posizione sul testo di riforma, il Consiglio dell’Ue potrebbe rimovere un’intera parte della proposta originale.

La bozza di compromesso

La Reuters ha potuto consultare la bozza di compromesso redatta dalla Spagna – a cui spetta la presidenza del Consiglio fino alla fine dell’anno – sulla questione. Il testo chiedeva ai Ventisette di considerare tre opzioni, inclusa la rimozione completa delle regole su tali incentivi. Le altre due opzioni invece limiterebbero in un caso il modo in cui gli Stati membri possono utilizzare le entrate raccolte attraverso i CfD e nell’altro permetterebbero a Bruxelles di intervenire sull’utilizzo nazionale di tali ricavi, qualora il loro impiego distorca il mercato unico comunitario.

“È la prima volta – scrivono Kate Abnett e Julia Payne – che i Paesi prendono in considerazione la possibilità di abolire semplicemente le regole, dopo aver lottato per trovare un compromesso. La mancata approvazione di questa parte della riforma non impedirebbe alla Francia e ad altri paesi di offrire contratti elettrici a prezzo fisso ai produttori”. In ogni caso ciò potrebbe rendere più difficile impiegare tali entrate, assoggettandole all’approvazione della Commissione europea in base alle norme UE sugli aiuti di Stato.

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