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Meccanismo ISDS, il rischio nascosto della transizione energetica

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Foto di S. Hermann & F. Richter da Pixabay

Grazie al meccanismo ISDS, le aziende possono contestare le politiche nazionali sul clima

(Rinnovabili.it) – All’inizio di quest’anno, il colosso minerario tedesco RWE ha portato il governo olandese in tribunale. Il problema? L’Aia ha deciso di ripulire il suo mix elettrico dal carbone entro il 2030, una delle misure più consistenti del paese per far fronte alla crisi climatica. RWE ha potuto farlo perché esiste un meccanismo ISDS (Investor-State Dispute Settlement) che permette alle aziende di ricorrere a un arbitrato internazionale se le politiche nazionali mettono a rischio i loro investimenti.

In molti casi le richieste delle compagnie sono pesantissime. E quando le cause coinvolgono paesi piccoli e con economie fragili, il meccanismo ISDS diventa una clava per ricattare intere nazioni. Alla Romania, ad esempio, la Gabriel Resources ha chiesto 5,7 mld di euro per lo stop a una miniera: è il 2,7% del Pil del paese. Cosa garantisce che la stessa sorte non toccherà a tutti i paesi che rafforzeranno la loro ambizione climatica per onorare il Patto sul clima di Glasgow siglato con la COP26?

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Non lo garantisce proprio nessuno. Anzi, secondo il Berkeley Research Group, in una stima non resa pubblica ma vista dall’AFP, le politiche climatiche del futuro scateneranno una maxi ondata di ricorsi al meccanismo ISDS da parte delle aziende.

Se i governi approveranno leggi davvero allineate con l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro i 2°C nel 2050, gli asset fossili a rischio nell’upstream arriverebbero a 3.300-6.500 mld di dollari. Con una politica compatibile con gli 1,5 gradi, invece, sarebbero a rischio anche 650-700 mld di asset nel carbone e 900 mld in svalutazioni delle riserve di petrolio.

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Stime più o meno simili arrivano anche da altre fonti. L’ong Global Justice Now, ad esempio, stima che il totale degli asset su cui può pendere la spada di Damocle del meccanismo ISDS arrivano, nel complesso, a 9.000 miliardi di dollari, cioè più o meno un decimo del valore dell’economia globale.

Secondo altre stime, pubblicate sulla rivista scientifica Nature Energy lo a inizio novembre, metà degli asset fossili attuali potrebbe diventare non economicamente sostenibile già nel 2036 con politiche climatiche che puntano realmente alla neutralità di carbonio nel 2050. Si tratta di una stima ancora più alta delle precedenti: 11mila mld di dollari.

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