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L’Opec+ snobba Biden: la produzione di greggio sale solo di 100mila barili

Embargo sul petrolio russo: pronto il 6° pacchetto di sanzioni UE
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L’aumento della produzione di greggio è troppo basso per incidere sui prezzi

(Rinnovabili.it) – La visita di Joe Biden in Arabia Saudita (e gli accordi per sistemi d’arma per 5,3 miliardi di dollari con Riad e Abu Dhabi) non è servita a sbloccare il mercato del petrolio. Ieri l’Opec+, il cartello dei paesi esportatori di petrolio allargato alla Russia, ha deciso di aumentare da settembre la produzione di greggio, ma solo di 100.000 barili al giorno. Una quota irrisoria rispetto ai volumi auspicati dal presidente degli Stati Uniti per far calare i prezzi e rimpiazzare l’Ural russo.

Le esportazioni di greggio russo a giugno hanno toccato i volumi più bassi dall’agosto 2021, a 7,4 milioni di barili, in calo di 250mila barili sul mese precedente. A gennaio di quest’anno, prima dell’invasione dell’Ucraina, la produzione di Mosca era a 11,3 mln barili. L’ammanco totale dei paesi Opec+, tra calo russo e scarsi investimenti per altri membri, si aggira sui 3 milioni di barili rispetto a febbraio. La mossa dell’Opec+, quindi, è del tutto ininfluente per i mercati e gli operatori. Si tratta di un volume pari allo 0,1% della domanda globale attuale.

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Ma è una soluzione di compromesso che non scontenta davvero nessuno. “Questa decisione serve a calmare gli Stati Uniti. E non troppo grande da turbare la Russia”, spiegava a Reuters una fonte dell’Opec+. La Casa Bianca ha commentato l’annuncio dei 100mila barili aggiuntivi come “un passo in avanti” e ha chiarito che più che aumentare il numero dei barili, Washington punta a far scendere i prezzi. Ma nella serata di ieri il Wti (il riferimento per il greggio Usa) avanzava dell’1,7% a 96,1 dollari al barile, mentre il Brent (indicatore del petrolio europeo) saliva dell’1,5% a 102 dollari.

Nel comunicato finale diramato al termine dell’incontro mensile, l’Opec+ punta il dito sulla poca spare capacity. I margini per aumentare di molto la produzione non ci sono, esistono limiti strutturali che non si possono forzare. Perciò, la forte limitazione sulle capacità produttive supplementari “richiede di utilizzarla con grande cautela in risposta a problemi sugli approvvigionamenti”. E se la spare capacity è bassa la colpa è dei “sottoinvestimenti cronici”, un’accusa appena velata ai paesi occidentali e al calo di investimenti nelle fossili a causa della transizione energetica.

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