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I limiti dello sviluppo, 50 anni dopo. La chiave? Combattere le disuguaglianze

Limiti dello sviluppo: più uguaglianza salverà il clima
Photo by NASA on Unsplash

L’aggiornamento del rapporto sui “Limiti dello sviluppo” del 1972

(Rinnovabili.it) – Le disuguaglianze hanno un potere climalterante più alto di quello della CO2. Se non le teniamo a freno, nei prossimi 50 anni rallenteranno (troppo) l’azione climatica dei governi, erodendo pian piano la fiducia nelle istituzioni. È il messaggio centrale di Earth for all, l’aggiornamento del rapporto sui “Limiti dello sviluppo” del 1972 preparato dal Club di Roma da un gruppo di ricerca multidisciplinare.

“Quando la fiducia sociale diminuisce, questo limita la velocità di azione delle politiche pubbliche. Questo si traduce in quanta regolamentazione e sovvenzioni si possono fare in termini di ecologizzazione dell’economia e del sistema energetico”, spiega il coautore dello studio Per Espen Stoknes.

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Al centro del nuovo rapporto sui limiti dello sviluppo, gli autori mettono un “indice di benessere” costruito con dati tra cui reddito disponibile, disuguaglianza di reddito, servizi governativi, crisi climatica, progresso percepito e loro relazione con le misure di fiducia sociale. Questo indice viene testato in base a due scenari. Il primo – battezzato “Too little too late”, troppo poco troppo tardi, traccia un futuro in cui l’azione climatica non decolla oltre le promesse di oggi e non avviene un cambiamento comportamentale. L’altro scenario è chiamato “The giant leap”, il salto gigante, e disegna un avvenire caratterizzato da grandi trasformazioni sia sul piano economico che su quello sociale.

Nel primo caso, il benessere del lavoratore medio continuerà a decrescere fino al 2050 per poi stabilizzarsi durante la seconda metà del secolo. Questo nonostante l’economia globale continui a crescere. Per avere un aumento del benessere, invece, sono necessari interventi come l’eliminazione graduale dell’uso dei combustibili fossili, l’introduzione di pensioni adeguate, la tassazione del 10% della popolazione più ricco e l’annullamento del debito dei Paesi a basso reddito. In questo secondo caso, si riesce a stabilizzare la temperatura globale entro i termini del Paris agreement, oltre a eliminare la povertà entro metà secolo. Con un costo pari al 2-4% del Pil globale, ovvero 2-4mila miliardi di dollari l’anno.

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