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L’Europa mette al bando il greenwashing (sulla carta)

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Foto di Brian Yurasits su Unsplash

Un passo avanti contro l’obsolescenza programmata e il dilagare del greenwashing

(Rinnovabili.it) – È un gennaio impegnativo per i parlamentari europei che portano avanti i progetti di legge su tematiche legate alla sostenibilità. Molti testi stanno infatti arrivando in plenaria per l’adozione finale, con l’Eurocamera impegnata in una corsa contro il tempo prima delle elezioni. Oggi è arrivata l’approvazione della direttiva contro le pratiche sleali relative al greenwashing. Le norme, approvate con 593 voti favorevoli, 21 contrari e 14 astenuti, dovrebbero migliorare l’etichettatura dei prodotti e vietare l’uso di indicazioni ambientali ingannevoli come “ecologico”, “naturale”, “biodegradabile” o “climate neutral” senza che ci siano prove sostanziali a supporto. 

Non sarà più possibile, inoltre, promuovere prodotti che contengono una caratteristica introdotta per limitare la durata di vita. Se questo è fatto di proposito (obsolescenza programmata), non si potrà pubblicizzare l’oggetto come sostenibile.

La nuova direttiva istituisce anche una nuova etichetta armonizzata per consentire ai prodotti con una garanzia più lunga di distinguersi maggiormente dagli altri. Dopo il via libera della plenaria si attende solo l’adozione formale da parte del Consiglio. Dopodiché il testo diventerà legge e gli stati membri avranno 24 mesi di tempo per recepirlo nella legislazione nazionale.

Questa nuova legislazione sarà complementare alla direttiva sui green claims, attualmente in fase di discussione nel Parlamento UE. La differenza è che mentre questo atto contro il greenwashing prevede divieti generici, la direttiva sulle dichiarazioni di sostenibilità sarà più specifica ed elaborerà in modo più dettagliato le condizioni per l’utilizzo dei green claims.

Il fenomeno del greenwashing è un fenomeno dilagante nel mondo di oggi, dove l’industria si fregia di una sostenibilità che raramente incarna. Secondo un’analisi di InfluenceMap sulle aziende della classifica Forbes2000, c’è una “grave disconnessione” tra le comunicazioni pubbliche delle imprese sull’impatto zero delle loro attività e le loro azioni che influenzano le politiche climatiche. Il 93% delle aziende usa “net zero” o termini simili nelle proprie pagine web, ma sono pochissime quelle che adottano comportamenti e azioni concrete coerenti.

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