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Spagna, la legge sul clima dice addio a carbone e auto a benzina

Legge sul clima: la Spagna cancella le auto a combustione dal 2040
Foto di Cyril CRAUSAZ da Pixabay

Frenata anche sull’uranio nella legge sul clima di Madrid

(Rinnovabili.it) – Neutralità climatica al 2050 in linea con l’impegno di Bruxelles, addio graduale alle auto a combustione e giro di vite sulle fossili. Oltre a nuovi obiettivi sulle rinnovabili. È il contenuto della legge sul clima appena approvata dalla Spagna. Il premier Pedro Sanchez e la ministra per la Transizione ecologica Teresa Ribera salutano l’avvio della transizione ecologica spagnola, che non è stata votata dall’estrema destra di Vox e ha ottenuto solo l’astensione dalle altre opposizioni di destra.

La legge sul clima fissa una data di scadenza per le auto con motore a combustione interna, anzi due. Entro il 2040 la Spagna non ne produrrà più, mentre dal 2050 in poi sarà proibita anche la loro circolazione. Non un obiettivo ambiziosissimo, visto che altri paesi (anche europei) hanno fissato o pensano di introdurre date più vicine. Entro 2 anni, aggiunge però la legge, tutte le città con più di 50mila abitanti dovranno avere delle “zone a basse emissioni”, come quelle di Madrid e Barcellona.

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Sul versante energia, la legge sul clima della Spagna pone al 23% la quota di emissioni da tagliare entro il 2030, rispetto ai valori del 1990. Sempre entro la fine di questo decennio, le rinnovabili dovranno costituire almeno il 42% del consumo totale di energia e il 74% della produzione di energia elettrica. Oltre a questo, la legge prevede limitazioni ai progetti che riguardano carbone e altre fonti fossili.

Obiettivi striminziti e non all’altezza della gravità della crisi climatica, secondo Greenpeace. Che sottolinea come la legge apre alla “possibilità dell’uso indiscriminato di “combustibili alternativi” in tutto il settore dei trasporti e consente la promozione del gas fossile per il trasporto su strada”. Anche sullo sfruttamento di fossili e minerario ci sono criticità: il testo è troppo permissivo, sostiene Greenpeace. Infatti, se da un lato si mette fine all’estrazione di uranio e si chiude a nuove trivellazioni, dall’altro lato si permette di continuare a sfruttare i giacimenti esistenti fino al 2042.

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