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Recuperare le città da degrado e crisi sociale, ecco la legge per la rigenerazione urbana

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Ddl rigenerazione urbana: previsto un Piano nazionale all’interno del Def e un fondo da 500 mln

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – Favorire la rigenerazione urbanistica ed edilizia nelle città, soprattutto nelle aree colpite da degrado e crisi socio-economico. Con l’intenzione di riqualificare anche come opzione da preferire al consumo di suolo e combattere il dissesto idrogeologico. E’ questo, in sintesi, il cuore del disegno di legge dal nome esemplificativo ‘Misure per la rigenerazione urbana’, incardinato in commissione Ambiente a Palazzo Madama. Un provvedimento che – qualora uscisse mai dalla commissione per approdare in Aula, visti gli impatti del Covid-19 anche sull’attività legislativa e i ritmi di decretazione d’urgenza che ingolfano i lavori delle Camere – dovrebbe in ogni caso vedersela con le nuove misure introdotte sul tema dal decreto Semplificazioni. E che oggi, con il maltempo che continua a devastare il nostro Paese mettendone in risalto la fragilità storica dei territori, potrebbe essere un mezzo per arginare l’abbandono e la mancanza di cura.

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Nella relazione – che accompagna il testo – si fa presente come l’approccio principale della materia sia “il coinvolgimento degli abitanti e dei soggetti pubblici e privati interessati”. Un miglioramento dell’ambiente urbano da un punto di vista sociale, ambientale e culturale viene già identificato come “rigenerazione urbana”. 

In base al disegno di legge – composto da 20 articoli – la rigenerazione urbana punta a “favorire il riuso edilizio di aree già urbanizzate e di aree produttive, in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati, incentivandone la riqualificazione e la sostenibilità ambientale”, oltre che “il miglioramento del decoro urbano e architettonico”. Tra gli aspetti principali la necessità di prevedere “aree verdi”, il “contenimento del consumo di suolo”, la riduzione dei “consumi idrici ed energetici mediante l’efficientamento delle reti pubbliche e del patrimonio edilizio”. A questo si aggiungono le ricadute sociali e economiche, sui servizi pubblici e commerciali, sulle attività lavorative; la tutela dei centri storici e l’innalzamento del livello della qualità della vita dei cittadini; la mobilità sostenibile e il trasporto collettivo; la diffusione capillare della rete digitale.

Anima pulsante del ddl è la creazione della Cabina di regia nazionale per la rigenerazione urbana, presso Palazzo Chigi; a cui prendono parte – viene spiegato all’art.3 – i rappresentanti del ministero dell’Ambiente, del ministero delle Infrastrutture e trasporti, del ministero per i Beni culturali, il ministero dell’Economia, delle Regioni e dei Comuni. Obiettivi della Cabina saranno il coordinamento delle politiche, della normativa nazionale e regionale, e degli strumenti di intervento; inoltre incentiva l’utilizzo dei fondi pubblici, e oltre a fornire supporto porta avanti un’analisi sullo stato della ‘rigenerazione’.

Viene previsto anche un Piano nazionale per la rigenerazione urbana, che dovrà entrare a far parte – come allegato – del Documento di economia e finanza (Def); al suo interno dovranno entrare l’elenco e la descrizione degli interventi, sia quelli programmati che quelli in via di realizzazione; la stima dei costi per ciascuno degli interventi; le risorse disponibili. I suoi punti qualificanti vanno dalla “messa in sicurezza e rigenerazione del patrimonio edilizio pubblico e privato alla riduzione del consumo del suolo e degli sprechi energetici e idrici, fino alla rivalutazione degli spazi pubblici e dei servizi di quartiere”.

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Inoltre, dal momento che senza soldini non si fa niente, viene prevista l’istituzione il Fondo nazionale per la rigenerazione urbana al ministero dell’Economia, con una dotazione pari a 500 milioni di euro per 20 anni, dal 2020 e fino al 2039. Vengono poi definiti i compiti delle Regioni e dei Comuni, alla necessità di inserire i Piani comunali di rigenerazione urbana che costituiscono il presupposto per accedere al bando ed eventualmente all’assegnazione delle risorse. Per le opere pubblica di rigenerazione urbana restano valide le regole del Codice appalti.

Per accelerare gli interventi è anche previsto che i Comuni possano ottenere un prestito dalla Cassa depositi e prestiti, dai fondi immobiliari privati, e la costituzione di fondi comuni di investimento. Infine, una serie di agevolazioni per snellire la catena amministrativa (con un abbattimento dei tempi della burocrazia), la parte dedicata ai controlli (che sono affidati all’Autorità nazionale anticorruzione), e le misure di incentivazione fiscale (come l’esclusione dal pagamento dell’Imu, della Tasi e della Tari, la riduzione per i Comuni fino al 50% delle tasse per l’occupazione del suolo pubblico, la detrazione del 65% delle spese, la detrazione del 50% dell’Iperf).

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