Il parlamento francese ha approvato con 235 voti a favore e 35 contrari la nuova legge clima. Contestatissima dalla società civile: il testo accoglie solo il 10% delle proposte civiche iniziali ed è passato dalle mani dei lobbisti dell’industria. Greenpeace: le misure non bastano nemmeno per centrare il taglio delle emissioni del 40% entro il 2030
La legge clima francese nel mirino: basterà per rispettare la sentenza del Consiglio di Stato?
(Rinnovabili.it) – Doveva essere l’esperimento più all’avanguardia nella politica climatica europea, dando voce e iniziativa ai cittadini su un tema centrale come la transizione ecologica. E’ andata in tutt’altro modo, con un accordo bipartisan in parlamento che ha annacquato le misure più innovative e ambizione. La parabola della legge clima della Francia fa sorridere solo il presidente Macron, che potrà sventolare il provvedimento alle prossime elezioni presidenziali del 2022 e provare a conquistare qualche voto. Critiche anche feroci arrivano invece dalla società civile.
Una parabola, questa, che sembra anticipare quella del Green Deal europeo, visti alcuni precedenti come l’intesa sulla politica agricola comune che mantiene di fatto lo status quo, o i balletti sulla tassonomia verde e il ruolo del gas naturale nella transizione.
Promesse non mantenute
Per la ministra della Transizione Ecologica d’oltralpe, Barbara Pompili, la nuova legge clima della Francia è “un’immensa svolta culturale”, mentre il premier Castex sottolinea come sia il frutto di un “esercizio democratico inedito” riferendosi al contributo della Convention citoyenne pour le climat. A questa assemblea di 150 cittadini scelti a sorte, creata dopo la debacle elettorale di Macron alle amministrative del 2020, punito proprio sulla politica climatica, il governo aveva chiesto di stendere il progetto di legge. Con la promessa di portarlo in aula senza modifiche.
Promessa subito disattesa. Molte le modifiche fatte dalla maggioranza, praticamente è stata recepita solo la metà delle proposte civiche. Prima di portarlo in parlamento, Macron ha poi fatto fare un ultimo “editing” ai lobbisti dell’industria. E per far votare la legge clima Macron ha optato per un accordo con i Repubblicani. In cambio di un ulteriore ritocco al testo, ovviamente in senso peggiorativo. Alla fine, delle proposte della Convention, è rimasto appena il 10%.
La società civile contro la legge clima
Abbastanza per far scattare la mobilitazione della società civile. Amis de la Terre, Extinction Rebellion, Greenpeace, Notre Affaire à Tous, Réseau Action Climat, Unis pour le climat et la biodiversité, Youth for Climate hanno serrato i ranghi e hanno denunciato “5 anni persi per il clima”. Parlando della “loi climat” francese, Greenpeace la definisce “loi blabla” – non c’è bisogno di traduzione.
“Mentre il Consiglio di Stato ha appena ordinato allo Stato di agire entro nove mesi per riportare il Paese sulla retta via climatica e l’Alto Consiglio per il clima ha denunciato ancora una volta il ritardo della Francia, questa legge è l’occasione mancata per raddrizzare davvero la rotta promuovendo misure strutturali e socialmente giuste”, denuncia Jean-François Julliard, direttore di Greenpeace Francia.
Secondo le ong, le misure non bastano neppure per tagliare del 40% le emissioni entro il 2030. È l’obiettivo ufficiale. Anche se per restare allineati all’accordo di Parigi la riduzione dovrebbe essere del 65%. L’unico progresso reale, sostengono, è l’obbligo per le mense pubbliche di offrire anche un’opzione vegetariana a pasto. Il taglio dei voli interni quando la tratta si può percorrere in treno in massimo 2 ore non servirà a molto: cancellerà solo da 1 a 3 rotte, con un impatto risibile sul clima. Sempre sugli aerei, lo stop ai progetti di espansione infrastrutturale non riguarda quelli in corso o in programma, che sono una decina.
Bocciatura senza appello sul rinnovamento degli edifici e sulla lotta alla povertà energetica. Non solo manca qualsiasi tipo di obbligo, ma la definizione di cosa può passare per intervento di renovation è così larga che si tradurrà, dicono le ong, in uno spreco di denaro pubblico. E ancora: nessun intervento sulle grandi industrie inquinanti e sulle multinazionali, i divieti di spot pubblicitari a prodotti carbon-intensive resta solo per le energie fossili e anche in questo caso con moltissime eccezioni.