Per farsi trovare preparate al futuro calo della domanda, le aziende fossili devono concentrare gli investimenti su progetti immediatamente operativi e a breve termine. Principalmente shale. Per non bruciare gli investimenti, il breakeven price non deve superare i 50 $/barile per lo shale e i 20 dollari per i progetti convenzionali
L’ultimo rapporto di Carbon Tracker Initiative
(Rinnovabili.it) – Il miglior modo di sopravvivere per le aziende fossili? Non farsi abbagliare dagli alti prezzi degli idrocarburi post-Covid e pianificare con cura, ma rapidamente, l’abbandono di gas e petrolio. Il rischio, altrimenti, è quello di ritrovarsi con un modello di business non adeguato a navigare la transizione. Già tra pochi anni. Il faro da seguire è l’orizzonte temporale del picco della domanda di oil&gas, che è previsto entro il 2030.
La bonanza di greggio e gas fossile che sta caratterizzando il periodo post-pandemico è più una tentazione che una reale opportunità. Le aziende fossili sono indotte a reinvestire i copiosi proventi di questi anni, moltiplicati dall’aumento dei prezzi, in nuovi progetti di estrazione. Ma entro la fine del decennio il calo della domanda darà una scossa in senso contrario ai prezzi. Tanto più forte quanti più nuovi progetti saranno stati messi in esercizio. E per quelli in via di sviluppo, il rischio è che diventino non più economicamente convenienti, con una conseguente perdita degli investimenti fatti.
Come affrontare il picco della domanda di oil&gas?
A inquadrare le migliori strategie per le compagnie fossili da qui al 2030 è l’ultimo rapporto di Carbon Tracker Initiative. Il punto di partenza sono le previsioni dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA): il picco della domanda di oil&gas arriverà prima della fine del decennio. Per il petrolio si passerà dagli attuali oltre 100 milioni di barili al giorno (bpd) a 92,5 milioni bpd nel 2030 e poi ancora a 54,8 milioni bpd nel 2050, se i governi rispetteranno gli impegni già presi. Con il calo della domanda, l’impatto del calo dei prezzi delle materie prime sul valore attuale netto (VAN) dei portafogli aziendali “potrebbe essere significativo, anche per i giacimenti in produzione”, spiega il rapporto. Mentre l’impatto sui progetti pianificati che devono ancora entrare in produzione “sono probabilmente anche più alti”.
Una delle soluzioni possibili è orientare il proprio modello di business al soddisfare la domanda a breve termine, principalmente dalla produzione di shale, che può essere sviluppata più rapidamente e anche esaurirsi rapidamente. I criteri per calibrare gli investimenti senza rischiare di bruciarli dovrebbero essere un breakeven price, per i progetti di shale, di 50 dollari al barile, e per i progetti di estrazione convenzionali di 20 dollari al barile.