L’esortazione pubblicata il 4 ottobre, ricorrenza di san Francesco, ribadisce che la realtà della crisi climatica sia innegabile e sprona politica, aziende e l’umanità tutta a fare e chiedere di più dalla Cop28 di Dubai del prossimo dicembre. Dal superamento del paradigma tecnocratico alle sferzate contro i negazionisti, dalla carezza agli attivisti per il clima alla proposta di un nuovo modello di multilateralismo, i messaggi al centro della Laudate Deum
Il nuovo messaggio apostolico sul clima prosegue la Laudato Si’ del 2015
(Rinnovabili.it) – Il Pianeta si sta avvicinando “al punto di rottura” e per cambiare rotta è necessario abbandonare gli “interessi a breve termine”. Usando l’occasione della Cop28 di Dubai per dare una “decisiva accelerazione alla transizione energetica”. La politica deve cambiare il suo sentire, riconoscere la priorità della crisi climatica – che non è più negabile – e farsene carico. E gli attivisti che protestano in tutto il mondo non devono essere bollati come “radicalizzati”, stanno riempiendo uno spazio “lasciato vuoto dalla società nel complesso”. Sono i messaggi lanciati da papa Francesco nell’esortazione apostolica “Laudate Deum”, ideale proseguimento della “Laudato Si’” del 2015, in cui per la prima volta la chiesta cattolica ha affrontato il tema della crisi climatica.
La crisi climatica è reale
Il nuovo messaggio del papa, consegnato strategicamente a meno di due mesi dall’inizio della Cop28, parte da un dato di fatto: la crisi climatica è innegabile. “Non è più possibile dubitare dell’origine umana – antropica – del cambiamento climatico”, comprovata sia dalla scienza che dall’esperienza quotidiana. “Nessuno può ignorare che negli ultimi anni abbiamo assistito a fenomeni meteorologici estremi, frequenti periodi di caldo insolito, siccità e altre grida di protesta da parte della terra che sono solo alcune espressioni palpabili di una malattia silenziosa che colpisce tutti”, scrive il pontefice nella Laudate Deum.
Apocalittici e negazionisti
Non è scontato ribadirlo perché sono molti, troppi, coloro che dubitano della realtà della crisi climatica. Nel paragrafo “Resistenza e confusione” il papa sposta il bersaglio su chi, citando “dati presumibilmente scientifici, come il fatto che il pianeta ha sempre avuto e avrà sempre periodi di raffreddamento e riscaldamento”, minimizza o nega. È un tentativo di “semplificare la realtà”.
Un’altra freccia della Laudate Deum è scagliata, invece, contro chi fa diagnosi apocalittiche. La realtà e la gravità della crisi climatica “non dovrebbe indurci a ignorare che la possibilità di raggiungere un punto di svolta è reale. Piccoli cambiamenti possono provocare cambiamenti importanti, imprevisti e forse già irreversibili, a causa di fattori inerziali. Ciò finirebbe per innescare una cascata di eventi a valanga”, scrive il pontefice. Serve invece “una visione più ampia”, che inquadri il problema per quello che è, e le nostre azioni di mitigazione e adattamento per quello che possono essere. “Non ci viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo”, sottolinea.
Che fare? Il messaggio della Laudate Deum
Ancora una volta, come già scritto nella Laudato Si’, questa responsabilità secondo Francesco passa per l’abbandono del paradigma tecnocratico che è alla base del degrado ambientale. Il bersaglio polemico è il modello di crescita infinita e illimitata e i suoi necessari riflessi sul comportamento dell’uomo, delle aziende e della politica. Comportamenti che rispondono a “un’ossessione: accrescere oltre ogni immaginazione il potere dell’uomo, per il quale la realtà non umana è una mera risorsa al suo servizio”.
Per iniziare a scardinarla, la politica deve “riconfigurare il multilateralismo” e dargli una veste nuova, in modo che sia alimentato “dal basso” e non “semplicemente deciso dalle élite del potere”. Ma guardando più nell’immediato, l’attenzione del pontefice è tutta per la Cop28. “Questa Conferenza può essere un punto di svolta, comprovando che tutto quanto si è fatto dal 1992 era serio e opportuno, altrimenti sarà una grande delusione e metterà a rischio quanto di buono si è potuto fin qui raggiungere”, scrive.
Per evitare che il vertice sul clima sia un fallimento bisogna “superare la logica dell’apparire sensibili al problema e allo stesso tempo non avere il coraggio di effettuare cambiamenti sostanziali”, e nel frattempo rifuggire da soluzioni semplici e inefficaci che derivano dallo sviluppo tecnologico, senza cambiare realmente passo e approccio. Il rischio è di “rimanere bloccati nella logica di rattoppare, rammendare, legare col filo, mentre sotto sotto va avanti un processo di deterioramento che continuiamo ad alimentare”. Per questo, “supporre che ogni problema futuro possa essere risolto con nuovi interventi tecnici è un pragmatismo fatale, destinato a provocare un effetto-valanga”.
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