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La popolazione mondiale del futuro

Siamo pochi o siamo troppi? L’ultimo rapporto sulla popolazione mondiale delle Nazioni Unite spiega il futuro da vari punti di vista, non sempre allineati con quelli a cui siamo abituati. Il ruolo delle donne è fondamentale: se uguaglianza di genere e diritti sono al centro delle politiche demografiche si possono affrontare meglio le sfide poste da qualunque cambiamento

Image by Martin Redlin from Pixabay

di Isabella Ceccarini

La popolazione mondiale ha raggiunto quota 8 miliardi. Numeri che creano un grande allarme da vari punti di vista, a cominciare da quello ambientale e della sicurezza alimentare. Tra l’altro, le previsioni indicano che nel 2050 la Terra ospiterà 10 miliardi di persone.

Sarà davvero un Pianeta con troppi anziani, pochi bambini, sempre più catastrofi climatiche, pandemie in agguato, milioni di persone in piena insicurezza alimentare?

Difficile avere certezze assolute, facile cedere alla retorica allarmista. Proviamo a farci un’idea dall’ultimo Rapporto State of World Population 2023 dell’UNPF – United Nations Population Fund che cerca subito di rassicurarci: complessivamente si vive più a lungo e meglio.

Ma davanti a questi numeri strabilianti è normale chiedersi quali siano le implicazioni sulle vite delle persone.

Siamo troppi o troppo pochi?

Davanti alle innegabili difficoltà della popolazione mondiale, si ritiene che la prima causa dei disastri sia da ricercare nei tassi di fertilità (che comunque sembra che stiano rallentando): siamo in troppi. Secondo UNPF essere 8 miliardi è un segno di progresso: più neonati sopravvivono, più bambini vanno a scuola, ricevono assistenza sanitaria e diventano adulti. La vita delle persone si è allungata di quasi dieci anni rispetto al 1990.

“E se invece fossimo troppo pochi?”, sostiene qualcuno. In realtà, dal 1950 il numero medio di figli che le donne stanno avendo a livello globale si è più che dimezzato, da 5 a 2,3. Addirittura due terzi della popolazione mondiale vive in luoghi con tassi di fertilità inferiori alla sostituzione.

Diventeremo una popolazione di anziani? UNPF ritiene invece che si esercita un maggior controllo sulla vita riproduttiva, e il calo dei tassi di fertilità non si traduce automaticamente in una riduzione della popolazione.

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La scelta mancata delle donne

In molti casi la popolazione che cala viene “rimessa in pari” dalle migrazioni, senza contare che se le popolazioni invecchiano vuol dire che nuove cure e alimentazione sana aumentano la longevità.

La disuguaglianza di genere è un problema anche quando si parla di popolazione mondiale: la riproduzione dovrebbe essere una scelta, ma per il 44% delle donne non lo è.

Questo significa che quasi la metà di tutte le gravidanze nel mondo non è intenzionale; mezzo milione di ragazze tra i 10 e i 14 anni ogni anno diventano madri. Vediamo bene che il problema non sono i tassi di fertilità, ma la mancata possibilità di scelta di donne e ragazze.

Il numero di 2,1 figli per donna è ritenuto il tasso medio necessario per sostituire una popolazione nel tempo. Tuttavia è valido per i paesi con tassi di mortalità infantile molto bassi e rapporti naturali tra i sessi alla nascita, non per quelli con mortalità elevata o rapporti sessuali distorti.

Quindi il tasso di 2,1 figli per donna non è sempre sinonimo di benessere e prosperità.

Popolazione mondiale e crisi climatica

Un altro errore in cui si incorre spesso è ritenere gli alti tassi di fertilità di alcuni paesi siano responsabili della crisi climatica.

La realtà è diversa, avverte il Rapporto di UNPF: le popolazioni che hanno contribuito meno al riscaldamento globale sono quelle che ne soffrono maggiormente l’impatto.

Infatti il 10% più ricco della popolazione mondiale è responsabile della metà di tutte le emissioni di gas serra e vive generalmente in paesi con tassi di fertilità più bassi.

Le statistiche indicano che la crisi climatica non si risolve abbassando i tassi di fertilità ma adottando i modelli di vita e di consumo più sostenibili, investendo in fonti di energia pulita e riducendo le disuguaglianze.

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Una questione di responsabilità e di libertà di scelta

Non esiste un numero di popolazione perfetto. Non si può e non si deve stabilire il numero giusto di figli per donna, tuttavia in molti paesi si cerca di influenzare i tassi di fertilità.

Le Nazioni Unite hanno fatto uno studio sugli ultimi dieci anni, da cui si evidenzia in sempre più paesi l’intenzione di aumentare, abbassare o mantenere i tassi di fertilità.

Pur non essendo necessariamente politiche coercitive – qualcuno ricorderà la politica del figlio unico in Cina, che nel lungo periodo si è dimostrata negativa sia a livello economico che sociale – in generale sono legate a minore democrazia e libertà dei cittadini.

In conclusione le persone devono essere libere di scegliere in modo responsabile il numero dei figli che desidera avere, senza condizionamenti esterni, né degli esperti né della politica.

Cosa vogliono davvero le persone?

Ma allora cosa vogliono le persone? Sono in grado di fare liberamente le proprie scelte riproduttive?

Secondo gli esperti i dati sull’intenzione di fertilità sono inaffidabili e suscettibili di variazioni per motivi diversi. Gli appelli ad aumentare o diminuire il numero dei figli sono visti come l’esercizio di un controllo, mentre il vero obiettivo dovrebbe essere il rispetto delle scelte delle donne e garantire loro servizi di assistenza sanitaria dalla contraccezione, al parto alle cure per l’infertilità. Le donne non devono subire la pianificazione familiare decisa da altri.

Il nocciolo della questione, secondo UNPF è che «la riproduzione non è né il problema né la soluzione. Se mettiamo l’uguaglianza di genere e i diritti al centro delle politiche demografiche siamo più forti, più resilienti e più capaci di affrontare le sfide poste da qualunque cambiamento».

Il prossimo futuro

Concludiamo con qualche previsione più centrata su singole aree del globo. Il centro studi statunitense Pew Research Centre ha elaborato i dati delle Nazioni Unite e sviluppato delle proiezioni secondo cui la popolazione dell’India (che continua a crescere) sta sorpassando quella Cina (che ha imboccato la strada del declino).

Europa e altri paesi dell’Asia (tra cui il Giappone) invece devono prepararsi ad affrontare un crollo demografico nei prossimi decenni.

La popolazione dell’Africa, al contrario, continua a crescere (da 1,4 miliardi attuali a 3,9 entro il 2100). È lì che vivrà il 38% degli abitanti del Pianeta.

Dobbiamo pensare che l’aumento della popolazione sia inarrestabile? No. Secondo le Nazioni Unite, dopo aver raggiunto un picco di 10,4 miliardi di abitanti la popolazione mondiale comincerà a diminuire nel 2090.